mercoledì 15 dicembre 2010

BUONGIORNO

Buongiorno è il giorno in cui si attende qualcosa, il giorno che ci accoglie con l'aria tersa e profumata. Buongiorno è il giorno in cui si aspetta qualcuno, quello in cui si dà inizio al viaggio. Buongiorno è il saluto che anticipa la fatica quotidiana, l'augurio per un esame da superare. Buongiorno è l'uomo di fronte al reale quando lo investe con energia positiva. Buongiorno è l'auspicio per i giovani lucani che studiano nelle università e per quelli che cercano lavoro. Buongiorno è la coscienza di quanti lavorano lontano da casa, la speranza di tanti che il lavoro lo cercano. Buongiorno è quello di una terra ricca di risorse anche se i suoi abitanti non ne ricavano alcun beneficio. Buongiorno è la nascita di un figlio, buongiorno è l'incontro con un amico. Buongiorno è una lettera dall'Argentina, i saluti dal Canada, il vaglia dalla Germania. Buongiorno è la stretta di mano di chi parte, l'abbraccio di chi torna. Buongiorno è l'inizio del lavoro quotidiano, il ripetersi di un incontro leale. Buongiorno è l'amico che non tornerà e quello con cui ricordarlo. Buongiorno è la promessa del giorno già tutta dentro l'alba appena accennata. Buongiorno sono i soliti volti, sempre gli stessi e sempre diversi che scandiscono la nostra vita. Buongiorno è il figlio al primo giorno di scuola, buongiorno è il figlio all'esame di laurea. Buongiorno è la vita dignitosa dei nostri nonni, la laboriosità dei nostri padri. Buongiorno è la pazienza della nostre madri, la saggezza delle nostre nonne. Buongiorno è la tenacia dei nostri imprenditori, il coraggio dei nostri figli. Buongiorno è il giuramento di Ippocrate, l'amore al lavoro dei nostri artigiani. Buongiorno e l'inizio di questo giornale. Cari amici e cari avversari, incontri occasionali e vecchie amicizie, buongiorno a tutti. (www.buongiornoitalia.info

venerdì 8 ottobre 2010

Lucianetti, Marcegaglia e le toghe... lucane e non!


A me questa perquisizione disposta dai pm napoletani Piscitelli e Woodcock a casa e negli uffici dei giornalisti Sallusti e Porro non piace per niente. Per due motivi.

Il primo
Cosa vuol dire applicare il reato di "violenza privata in concorso" per un presunto "dossier" o "campagna di stampa" che "il Giornale" si sarebbe apprestato a pubblicare (condizionale futuro)?
Mi sembra tanto uno di quei "pre-reati" di cui si occupano gli investigatori della "pre-crimine" nel film Minority Report, con Tom Cruise. Insomma, un reato che semplicemente non esiste.
Senza considerare che, come ricorda il collega Franco Abruzzo, "la Corte di Strasburgo ha imposto l'alt alle perquisizioni nelle redazioni a tutela delle fonti dei giornalisti e i giudici hanno l'obbligo di rispettare le sentenze del Tribunale dei diritti dell'uomo".
Ma - dicono i pm e la " presunta vittima" del reato, Emma Marcegaglia, presidentessa di Confindustria -, la conversazione telefonica intercettata tra Porro e Arpisella (portavoce della Marcegaglia) dimostrerebbe l'intento di "coartare la volontà" della Marcegaglia, per indurla a più miti considerazioni sull'operato del governo guidato da Silvio, fratello di Paolo Berlusconi, editore de "il Giornale".
Anche in questo caso, può esserci d'aiuto un film. "Guardie e ladri", con Totò (il ladro) e Aldo Fabrizi (la guardia). "Vieni qui o ti sparo", dice Fabrizi a Totò. "Non puoi sparare se non per legittima difesa - replica Totò -, e poiché io non offendo..." . E Fabrizi: "Allora io sparo in aria, a scopo intimidatorio". Totò: "E bravo. Io però non mi intimido...".
Ecco, anche a voler tutto concedere, Marcegaglia poteva rispondere come Totò: "Non mi intimido", "la mia volontà non si coarta". Che poi è la predica che vien fatta tutti i giorni agli imprenditori affinché non si pieghino a pagare il pizzo, al punto da minacciare di espellere dagli organismi associativi di categoria quelli che cedono.
Marcegaglia invece era così "coartata" da far chiamare l'altro fratello di Silvio, Fedele Confalonieri, affinché intervenisse sul direttore editoriale Feltri per sistemare un po' le cose: cioè evitare la pubblicazione di articoli che per lei potessero rivelarsi scomodi (chiamateli pure dossier o come vi pare, la sostanza non cambia). Ma questo, signori miei, si chiama bavaglio alla libertà di stampa. Non ha alcuna importanza chi pubblica una certa notizia, quando la pubblica e per quale altro fine (anche biasimevole) la pubblichi. Ciò che conta è che la notizia (la cui pubblicazione rispetti le norme vigenti, ovvio) sia vera.
Di quali notizie vere potesse aver timore la Marcegaglia, per la propria immagine e per quella del suo gruppo imprenditoriale, ci fornisce un assaggio il bravo Vittorio Malagutti sul "Fatto Quotidiano", ricordando gravi storie di smaltimento di rifiuti e di condanne subìte dagli stretti congiunti della signora Emma. Ma, appunto, si tratta di un assaggio.
Un'inchiesta giornalistica (dossier?) un po' più approfondita farebbe capire meglio perché Marcegaglia e gli altri potenti, tutti i potenti, temono la libertà di stampa. Che non esiste allo stato puro e in via assoluta, intendiamoci, ma è tutt'al più una libertà relativa, e purtuttavia, anche se presente in "modiche quantità", è una libertà che spaventa.
Facciamo un esempio che è di stretta attualità, ma che un po' tutti fingono di non vedere e che potrebbe far drizzare le antenne tanto ai "segugi" de "il Giornale" quanto a quelli del FQ (e sempre che Woodcock e Piscitelli non ravvisino anche in questo mio esempio un intento di "coartare").
Marcegaglia sostiene che Nicola Vendola è tra i migliori governatori d'Italia. Domanda del bravo giornalista: perché lo dice? Risposta del bravo direttore: andiamo a vedere, sguinzagliamo un cronista sveglio in giro per la Puglia e forse ne capiremo il motivo: tra inceneritori e contratti ventennali per discariche, alcune delle quali realizzate persino su laghi di acqua potabile che alimentano l'80 per cento della rete idrica salentina (Corigliano d'Otranto) e importanti siti neolitici (Spinazzola), il gruppo Marcegaglia non può che essere riconoscente per i decenni a venire nei confronti di Vendola. Il quale infatti è diventato un "intoccabile" per la stampa e la tv, di destra e di sinistra: nessuno che gli faccia mai una domanda seria che sia una.
Non so se i "dossier" de il Giornale avrebbero riguardato (condizionale futuro) queste storie. Se non è così, peccato. Ma si fa sempre in tempo. Se non su "il Giornale", sul FQ, o su qualunque altra testata. Anche su "Chi" e "Novella 2000", perché no? Le shampiste leggono, se incrociano articoli scritti bene.

Veniamo al secondo motivo.
Questa perquisizione e questo "reato" non mi piacciono anche perché avvicina molto Woodcock e Piscitelli a Chieco e Cazzetta, il procuratore e il pm di Matera che nel 2007, assieme al gip Onorati, formularono il seguente fantasmagorico capo di imputazione: "associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa con concorso morale esterno".
Un reato inventato, che non esiste nei codici e che infatti non è mai stato applicato nella storia d'Italia, ma che ha comportato non solo perquisizioni di casa e ufficio, sequestri di pc, cd e documenti di lavoro per nulla segreti, ma che ha consentito - grazie alla contestazione del reato associativo - di mettere sotto controllo i telefoni di quattro giornalisti (tra i quali il sottoscritto) e di un capitano dei carabinieri.
In quella circostanza furono proprio Feltri e Sallusti, che dirigevano Libero, a pubblicare a puntate le nostre intercettazioni (parlo di intercettazioni private, che dovevano essere distrutte perché non costituenti reato, né pertinenti al presunto reato). Non si scandalizzò nessuno. Né Feltri, né Sallusti, né le direzioni e i comitati di redazione del mio o di altri giornali (eppure, era la prima volta che un intero giornale veniva "ufficialmente" intercettato) e nemmeno l'Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa che oggi accennano a una timida reazione. A me, non è restato altro da fare che agire in giudizio contro Libero. Ma proprio per questo oggi difendo Feltri e Sallusti e penso che i pm napoletani sbaglino.
Quale vicenda meglio di questa può dimostrare la necessità che un un principio, se lo si ritiene sacro - e la libertà di stampa lo è -, va difeso sempre? Anche e soprattutto quando riguarda chi ti ha "maltrattato" calpestando ieri i princìpi che invoca per sé oggi?
Dirò di più. Così magari qualcuno può cogliere l'occasione per organizzare un dibattito in tv sull'argomento (magari con noialtri "associati a delinquere", Feltri, Woodcock, Vendola e Marcegaglia).
Per noi, gli "associati delinquere", il termine ultimo per la conclusione delle indagini, prorogato tre volte, è scaduto a gennaio 2009. Ebbene, quando qualche settimana fa abbiamo inoltrato istanza al procuratore generale di Potenza, Lucianetti, affinché ci venisse detto se fossimo da prosciogliere o da rinviare a giudizio, la risposta è stata un'altra perla giuridica.
E' vero - ha risposto il pg - che il termine ultimo per le indagini è scaduto da quasi due anni. Ma le indagini restano aperte perché il "caso è complesso" (una presunta diffamazione!) e, in ogni caso, gli atti compiuti dopo quel termine "sono inutilizzabili". In altre parole, se in tutto questo tempo hanno continuato a "monitorarci" e se verosimilmente continueranno a farlo - per sapere chi siamo e da dove veniamo e con chi parliamo e come la pensiamo e cosa facciamo - non dovremo preoccuparci. Tanto gli atti da gennaio all'infinito sono inutilizzabili.
Eh, no. Non va bene. Urge programma tv che affronti la questione e spieghi al grande pubblico. Mi vanno bene anche Floris e Paragone. O una finestra nel tg di Mentana, a La7. Certo, da Fazio o da Vespa, oppure a Matrix, sarebbe già un altro share. Se proprio insiste, però, sceglierò Santoro. (di Carlo Vulpio su http://carlovulpio.wordpress.com/2010/10/08/la-volonta-della-marcegaglia-coartata-come-dicono-i-pm-dal-timore-di-dossier-su-discariche-e-inceneritori-di-vendola-e-una-enormita-somiglia-al-pre-crimine-di-minority-report-e-alla/)

sabato 15 maggio 2010

In Procura avevano le idee chiare, ma poi: "Le mani in pasta in pasta... ed anche altrove", la vera storia dell'affaire Cerere-Barilla



Guardia di Finanza
COMANDO PROVINCIALE MATERA
Via  Lazazzera n. 55 – telefono e fax n. 0835-331542



COMUNICATO STAMPA           


FRODE IN MATERIA DI FINANZIAMENTI PUBBLICI
SEQUESTRATO OPIFICIO INDUSTRIALE DEL VALORE
DI 11 MILIONI DI EURO - 10 DENUNCIATI


DOPO IL CONSORZIO “LA FELANDINA”, GLI UOMINI DEL NUCLEO DI POLIZIA TRIBUTARIA DELLA GUARDIA DI FINANZA DI MATERA HANNO PORTATO A TERMINE UN’ALTRA INDAGINE NEL SETTORE DEI CONTRIBUTI IN FAVORE DELLE IMPRESE OPERANTI SUL TERRITORIO DELLA PROVINCIA.

QUESTA VOLTA SI TRATTA DI UNA FRODE CONSUMATA AI DANNI DEL BILANCIO NAZIONALE E COMUNITARIO NELL’AMBITO DEI CONTRIBUTI PUBBLICI CONCESSI AD UNA SOCIETÀ MATERANA, OPERANTE NEL SETTORE DELLA PRODUZIONE DELLE PASTE ALIMENTARI.

LE INDAGINI COORDINATE DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI MATERA, DURATE OLTRE DUE ANNI, HANNO PERMESSO DI ACCERTARE CHE LA SOCIETÀ MATERANA, DOPO AVER OTTENUTO UN FINANZIAMENTO CON FONDI NAZIONALI A VALERE SUL “PATTO TERRITORIALE DELLA PROVINCIA DI MATERA” DI EURO 3.851.405 PER LA COSTRUZIONE, IN DEROGA ALLA NORMATIVA COMUNITARIA, DI UN MULINO, NONCHÉ UN ULTERIORE FINANZIAMENTO REGIONALE PER LA REALIZZAZIONE DI UN PASTIFICIO, DELL’IMPORTO DI EURO 2.467.010, CONCESSO NELL’AMBITO DEL “POP/FESR BASILICATA 1994/1999 – MISURA 2.3”,  A SEGUITO DEL SUBENTRO NELLA COMPAGINE SOCIALE, CON UNA QUOTA DI MAGGIORANZA E, CONSEGUENTEMENTE DI CONTROLLO DELLA SOCIETÀ, DA PARTE DI UNA AZIENDA PUGLIESE, HA STRAVOLTO COMPLETAMENTE “PROGRAMMI, OBBLIGHI, IMPEGNI ED OBIETTIVI ORIGINARI” (USO DI RISORSE LOCALI; UTILIZZO DELLA SEMOLA DERIVANTE DALLA MOLITURA ESCLUSIVAMENTE NELL’ANNESSO PASTIFICIO; PRODUZIONE DI PASTA DI SEMOLA DI ALTA QUALITÀ; DIVIETO QUINQUENNALE DI ALIENAZIONI / CESSIONE E/O DISTRAZIONE DEI BENI OGGETTO DEL CONTRIBUTO; ED ALTRO).

GLI ESITI DELLA COMPLESSA ATTIVITÀ INVESTIGATIVA HANNO CONSENTITO ALLA A.G. ORDINARIA DI MATERA DI CONTESTARE, A VARIO TITOLO, RESPONSABILITÀ PENALI PER MALVERSAZIONE, ABUSO DI UFFICIO E FALSO NEI CONFRONTI DEGLI AMMINISTRATORI DELLE SOCIETÀ IMPLICATE E DI FUNZIONARI PUBBLICI ED ALLA PROCURA REGIONALE  PRESSO LA CORTE DEI CONTI DELLA BASILICATA DI NOTIFICARE UN ATTO DI CITAZIONE PER DANNO ERARIALE PER CIRCA 3,5 MILIONI DI EURO.

SONO STATE NOTIFICATE INFORMAZIONI DI GARANZIA NEI CONFRONTI DI  10 SOGGETTI E DI 1 SOCIETÀ PER RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA (D.LGS 231/2001) ED È STATO SOTTOPOSTO A SEQUESTRO IL COMPLESSO INDUSTRIALE UBICATO NELLA Z.I. DI LA MARTELLA, DEL VALORE, AL COSTO  DI REALIZZAZIONE, DI CIRCA 11 MILIONI DI EURO, SUSCETTIBILE DI CONFISCA OBBLIGATORIA.

LO STABILIMENTO È STATO LASCIATO IN GIUDIZIALE CUSTODIA AI RESPONSABILI DELLA SOCIETÀ PUGLIESE,  CON OBBLIGO DI RENDICONTO,  AL FINE DI EVITARE LA CESSAZIONE DELL’ATTIVITÀ PRODUTTIVA FINO ALLA DEFINIZIONE DEL PROCEDIMENTO.

SONO STATE AVVIATE LE PROCEDURE PER IL RECUPERO DELLE SOMME GIÀ EROGATE, PARI A CIRCA 6  MLN DI EURO.

L’OPERAZIONE DI SERVIZIO, OLTRE ALLE PROVINCE DI MATERA E POTENZA, HA INTERESSATO LE PROVINCE DI NAPOLI, ASCOLI PICENO E BARI  ED HA VISTO IMPEGNATI CIRCA 50 FINANZIERI.

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Questo diceva la Guardia di Finanza il 19 febbraio 2009. Tante altre cose sono state scritte dai signori magistrati, ma tutto prosegue oggi proprio come era stato programmato da Filippo Tandoi, Giuseppe Di Taranto, Carmine Nigro e tanti altri personaggi nel lontano settembre 2005. La storia (recente del pastificio Barilla di Via Cererie a Matera s'incrocia con quella del pastificio Cerere in un Instant Book dal titolo suggestivo: "Le mani in pasta... ed anche altrove" (nelle edicole di Matera)

mercoledì 7 aprile 2010

Felicia, Filomena, Olimpia, Marisa e quella “lieta speranza” che rende la vita più umana

Le notizie si susseguono impetuose ed i commenti quasi le sopravanzano. Il ritrovamento dei poveri resti di Elisa Claps nel sottotetto della chiesa dedicata alla Santissima Trinità in Potenza ha prodotto un evento straordinario: l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale su una tragica vicenda umana prima ancora che giudiziaria. Quella che sino a pochi giorni fa era per molti una scomparsa misteriosa, oggi è per tutti un omicidio efferato. Dai familiari di Elisa, stremati ma non vinti dopo diciassette anni di testimonianza civile, dignitosa e non priva di una qualche fierezza, sino agli inquirenti di oggi, senza tralasciare tanti cittadini “comuni”, tutti sono determinati a portare sino in fondo quel diritto/dovere alla verità ed alla giustizia che oggi sembra finalmente raggiungibile. Alcune evidenze arriveranno dai dati autoptici e dai rilievi della polizia scientifica e questo potrebbe disvelare persino l'identità dell'esecutore materiale del tremendo crimine, fondamentale. Altrettanto importanti saranno le domande cui l'unico indagato sarà chiamato a rispondere. Quelle domande che Felicia Genovese, PM all'epoca della scomparsa e per un lungo corso temporale a seguire, non pose all'indagato e poi imputato Danilo Restivo. Altri interrogativi, anche questi mai formulati dal signor PM, non possono più essere posti al prete che quel 12 settembre 1993 celebrò messa prima e dopo l'arrivo di Elisa nella chiesa da cui è uscita cadavere qualche settimana fa. Don Mimì è venuto a mancare da un paio d'anni, portando con sé il segreto di quel 12 settembre iniziato con le celebrazioni della domenica mattina e concluso in un centro termale da cui tornò dopo quattro giorni. Più d'uno ha visto e ascoltato Felicia Genovese interrogare gli imputati nei processi di mafia, incalzarli, metterli alle corde, sfiancarli ed inseguirli sino alla capitolazione. Qualcuno ha assistito agli interrogatori del medesimo magistrato a Danilo Restivo e Don Mimì Sabia. Registrati e ritrasmessi in questi giorni di rinnovato interesse mediatico. Toni pacati, poche domande, accenni di risposta già nella formulazione del quesito. E la conduzione delle indagini? La polizia che aspetta due ore l'autorizzazione per sequestrare i pantaloni ed il giubbotto sporco di sangue di Danilo Restivo quel 12 settembre e quell'ordine di “tornare in centrale” a mani vuote. I tabulati telefonici mai richiesti e mai acquisiti. E tutti gli errori successivi, negli anni e nelle altre indagini? Perché un magistrato esperto e determinato come Felicia Genovese commette tanti errori, perché ignora le piste sulla massoneria deviata suggerite dai carabinieri di Calanna, perché mantiene l'inchiesta sull'omicidio Gianfredi (1997) anche quando compare il coinvolgimento incolpevole di suo marito, perché non iscrive fra gli indagati l'avv. Labriola nell'inchiesta sui brogli elettorali (2005) di Scanzano Jonico? Sono domande che sono state poste da altri magistrati, alcune sono state oggetto di denuncia contro la D.ssa Genovese. Ma restano senza risposta, anche dopo l'archiviazione dei procedimenti penali. Sono domande che oggi più che mai sarebbe opportuno porre alla D.ssa Felicia Genovese e delle cui risposte la famiglia Claps, la famiglia Gianfredi, la famiglia Orioli, le famiglie dell'Associazione Penelope, la Lucania intera hanno diritto. Per riconciliarsi con quella Giustizia che non potrà restituire gli affetti prematuramente scomparsi ma che ha il dovere di individuare e perseguire i colpevoli. “Donna perché piangi?” disse Gesù a Maria di Màgdala e questa, credendolo il custode del giardino in cui era collocato il sepolcro, rispose: “Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Quante volte, quante mamme hanno chiesto solo di sapere dove fosse il corpo del figlio scomparso. Quante volte abbiamo sentito questo grido da mamma Filomena? E adesso che la preghiera è stata esaudita non v'è forse bisogno di qualcosa d'altro per pacificare quel cuore straziato? Gesù rispose a Maria chiamandola per nome: “Maria”. Come a dire sono io la risposta alla morte, alla disperazione. Sono io la promessa della vita eterna. C'è un passaggio nella celebrazione del sacramento del Battesimo che commuove solo a ricordarlo: “Dio onnipotente, che per mezzo del suo Figlio, nato dalla vergine Maria, ha dato alle madri cristiane la lieta speranza della vita eterna per i loro figli, benedica voi mamme qui presenti...”. C'è forse una promessa più grande per una madre? C'è forse una speranza più pacificante? Dobbiamo solo pregare che la grazia della Pasqua raggiunga ogni uomo, che ciascuno si senta chiamare per nome da quel Cristo che solo può aiutarci a portare il peso di tanto dolore nella lieta speranza della vita eterna per i nostri figli, per i nostri cari e persino per i nostri nemici.

giovedì 18 marzo 2010

Chi ti ha detto che eri nudo? L’origine del moralismo


Che fossero nudi, Adamo ed Eva, è un fatto. Addirittura un fatto costitutivo, erano stati creati così. Da questo dato oggettivo scaturiva un comportamento consequenziale: giravano nudi per il giardino dell’Eden. Così, quando ebbero a nascondersi all’arrivo del Creatore, Dio pose ad Adamo la domanda: “Chi ti ha detto che eri nudo”? Cioè, “da dove nasce il tuo giudizio morale”? Era appena nato il moralismo. La pretesa di possedere l’origine del giudizio: “Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene ed il male”. La pretesa moralistica, il singolo uomo arbitro e fonte della morale (conoscere il bene ed il male), stabilisce la divisione delle divisioni: la frattura fra la morale e l’origine della morale, fra l’uomo ed il creatore dell’uomo, fra la libertà e la natura della libertà. L’interruzione diabolica di questo rapporto (dia-ballo= dividere, separare) avviene stabilendo una nuova sorgente dell’azione: l’uomo da solo decide cosa è opportuno, cosa è lecito e cosa è impudico: “ero nudo e mi sono nascosto”. Il moralismo si mostra come una verità incontrovertibile, oggettiva: davvero erano nudi, tanto che contro il moralismo si fa fatica a trovare argomentazioni consistenti, almeno in prima battuta. Poiché la separazione dell’uomo dalla sua stessa natura (fatto a Sua immagine e somiglianza) lo rende incapace di atti ontologicamente morali. È nell’esperienza, quando si affronta la realtà, che ci si accorge di tutti i limiti di una posizione moralistica. Nascono così i partiti degli “onesti”, i profeti della “pubblica moralità”, le patenti di “uomini perbene”. E chi decide chi è dentro e chi fuori? Apparentemente si demanda ad una teoria di regole. Chi ti ha detto che eri nudo? La tabella tale, il codice etico, lo statuto del partito o dell’associazione, il casellario giudiziale. Invero l’esigenza di giustizia, di verità, di bellezza, in una parola di libertà, è talmente umana, talmente radicata nella natura stessa di ciascuno di noi da emergere insopprimibile anche nella situazione di divisione in cui siamo precipitati quando abbiamo posto a fondamento della vita e dei rapporti il moralismo, la nostra pretesa di incardinare l’origine del giudizio nella nostra personale conoscenza del bene e del male prescindendo dall’esperienza, in una sequenza di regole astratte, di leggi, di assunti. La nostra vera umanità riconosce e desidera aderire alla natura ultima del nostro essere. In pratica, realmente siamo in grado di distinguere il bene dal male solo che ci affidiamo a quello che il cristianesimo chiama il “cuore”: il contraccolpo che suscita in noi l’esperienza, il paragone con la realtà. “Ha mentito, è umano. Ha rubato, è umano. Ma questo non è il vero essere umano. Umano è essere generoso, umano è essere buono, umano è essere un uomo della giustizia e della prudenza vera, della saggezza” (Benedetto XVI). Qualche esempio chiarisce meglio di tanti discorsi. La legge prevedeva che in occasione della Pasqua un condannato a morte ricevesse la grazia. Fra Gesù e Barabba fu scelto il secondo. Dovendo distribuire la propria eredità, un genitore sceglie di fare parti uguali anche se un figlio è immensamente ricco, e l’eredità nulla cambia nella sua condizione, e l’altro assolutamente povero. “L’ingiustizia più grande è dividere in parti uguali fra diversi” (Don Lorenzo Milani). Non è immorale (o morale) l’uomo, lo sono le sue azioni che non vanno giudicate in base ad un decalogo bensì in relazione all’esperienza, al paragone con le esigenze del “cuore”. Così non è umano attribuire la patente di “onesti” ad una lista di candidati scelti sulla base di un certificato del casellario giudiziario allo stesso modo in cui non è umano riconoscere il passpartout a chi “assicura” gli interessi della “mia” parte abusando dell’altra. “Chi ti ha detto che eri nudo”?, questa è la domanda che mette in crisi i moralisti dell’una e dell’altra parte!

venerdì 19 febbraio 2010

domenica 24 gennaio 2010

Slalom giudiziario e incompatibilità ambientale


“Passerà la vita a difendersi”, questo convincimento esprimeva un magistrato, presidente della regione Calabria, uomo dalle idee chiare circa il destino prossimo del Dr. Luigi de Magistris. Più o meno il destino che sembra dipanarsi per un piccolo gruppo di giornalisti di provincia che hanno avuto l'ardire di raccontare fatti veri, d'interesse pubblico, esprimendosi con linguaggio continente e documentandosi attraverso qualche quintale di atti giudiziari non soggetti a segretezza o riserbo. Va da sé che questo “incerto fato” non proviene dai sortilegi degli dei dell'Olimpo ma da creature meno mitiche e molto prosaiche. Non c'è da lamentarsi, tutt'altro, il Codice di Procedura Penale e più in generale l'ordinamento giudiziario italiano consentono agli indagati/imputati di difendersi in giudizio ed è certamente uno dei sistemi giudiziari più garantisti del mondo democratico occidentale. Così, il 9 febbraio 2010, toccherà discutere di una presunta diffamazione compiuta ai danni della signora Pontrelli Rosalba, moglie del Procuratore Capo di Matera, Dr. Giuseppe Chieco.
Lamenta, Pontrelli, di essere stata indicata come partecipe della “trattativa per una casa nel villaggio Marinagri” con l'aggravante dell'attribuzione di fatti determinati Ma è proprio quanto sostiene la Guardia di Finanza di Catanzaro, cioè si tratta dei fatti determinati e provati attraverso la ricostruzione del “contatto registrato tra l'Ufficio Vendite della Marinagri e la signora Pontrelli Rosalba, moglie del Dr. Chieco Giuseppe, avvenuto il 12.12.2005”. Che vi fosse stato un interessamento del Dr. Chieco Giuseppe all'acquisto del villino sul mare lo confermano due sottufifciali della Guardia di Finanza (uno in servizio presso il Tribunale di Matera, l'altro a Policoro). Suvvia, signora Pontrelli, cosa c'è di male nel desiderare una villetta a pochi metri dall'acqua con annesso posto barca? Di cosa si lamenta se un giornale racconta fatti che hanno indotto una Procura della Repubblica a disporre la perquisizione personale e degli uffici del procuratore Dr. Giuseppe Chieco, circostanza mai verificatasi nella storia del Palazzo Giudiziario di Matera? Il merito lo lasciamo alle aule del Tribunale, agli avvocati ed ai magistrati perché è proprio giusto che funzioni così. Possiamo solo confermare che tutto quanto è stato pubblicato corrisponde fedelmente alle risultanze documentali e probatorie di un'inchiesta giudiziaria che vede il Dr. Giuseppe Chieco indagato per una quantità di reati gravissimi fra i quali l'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari (il PM procedente ha chiesto l'archiviazione e il GIP dovrà all’uopo pronunciarsi fissando l'udienza per discutere diverse opposizioni delle parti offese). Sul metodo ci permettiamo di sollevare alcuni interrogativi che, per la verità, erano già stati sollevati proprio nell'articolo di cui si duole la signora Rosalba Pontrelli. È proprio opportuno, per non dire rituale, che la querela della moglie del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Matera venga trattata da un sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Matera? È proprio normale che un giudice del Tribunale di Matera si accinga a trattare una causa in cui la parte “offesa” ha il marito che sovrintende al PM che sosterrà l'accusa con l'ufficio a venti metri dall'aula dell'udienza? E se il marito della signora Pontrelli Rosalba, già menzionato Procuratore Giuseppe Chieco, ha dichiarato di trovarsi nello stato di grave inimicizia con uno degli indagati/imputati? Il Pubblico Ministero, nei capi d'imputazione, compie una vera e propria gimcana citando solo parzialmente l'occhiello dell’articolo: <>. Ma l'occhiello continua: “Ci chiediamo se è ancora opportuno mantenere la poltrona”. Non è una domanda sorta nella mente del giornalista. Identico quesito se l'era posto proprio Giuseppe Chieco nel 2007 (un anno prima dell'articolo incriminato) risolvendo il busillis a suo sfavore: “Chiederò di essere trasferito prima che lo faccia il CSM per incompatibilità ambientale”. Pare che abbia chiesto di essere trasferito in epoca abbastanza recente, deo gratias.

Del merito, seguiranno dettagli, ovviamente! (tratto dal Blog www.attigiudiziari.blogspot.com)

domenica 10 gennaio 2010

Annunziata Cazzetta, PM.

Il Pubblico Ministero, costituzionalmente libero e indipendente nell'individuare le ipotesi di reato, conduce le indagini per raccogliere le prove che possano sostenere in giudizio l'accusa. Dalla teoria alla pratica, di seguito ecco l'esempio fornito da Annunziata Cazzetta, Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubbliva di Matera:
Piccenna Nicola, Grilli Emanuele e Grilli Rocco Antonio (rispettivamente giornalista, editore e direttore responsabile) sono indagati del reato di violenza privata con l'uso delle armi. La frase che li "incrimina" è riportata nell'avviso di garanzia di seguito allegato. A distanza di quasi quattro anni, il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari, non essendo (Cazzetta) riuscita a trovare né il cavallo né la lancia.



venerdì 8 gennaio 2010

La Procura di Matera trascura, la Banca d'Italia ignora, l'usura prospera

Il procedimento è del 2005, la Guardia di Finanza completa gli accertamenti nel 2009 (ma aveva già comunicato irregolarità nel marzo del 2008): "il tasso d'interesse superò il tasso soglia e fu applicato senza soluzione di continuità dal 1.1.1999 al 17.7.2003 (oltre quattro anni); la banca percepì indebitamente la somma di Euro 23.389,64". Signori si tratta di usura. Ma alla Procura di Matera non sembra interessare molto, tanto che il procedimento langue nei cassetti di un qualche magistrato dopo essere passato attraverso quelli del Procuratore Capo (Giuseppe Chieco) e del Sostituto Anziano (Annunziata Cazzetta), entrambi indagati dalle Procure di Catanzaro e Salerno per reati gravissimi compresa l'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Sempre i finanzieri, richiamando quanto già segnalato nel marzo 2008, fanno notare: "il software gestionale (della banca, ndr) è stato bypassato affinché non segnalasse l'errata attuazione delle condizioni contrattuali". Il resto lo leggerete nel documento originale allegato integralmente. Non si può dire quanti siano interessati all'argomento usura, certo ci si aspetterebbe che la Banca d'Italia dicesse qualcosa e che qualcuno verificasse cosa accade in una Procura che da anni conosce una così grave notizia di reato senza muovere un dito (se non per spostare il fascicolo sempre più in fondo). Non dimentichiamo che un nutrito numero di amministratori e dirigenti della Banca Popolare del Materano (così si chiamava all'epoca l'applicatore del tasso che superava il tasso soglia, oggi è Banca del Mezzogiorno) sono stati prosciolti in udienza preliminare dal Dr. Angelo Onorati, grazie al una magistrale perizia di una trentina di pagine redatta per l'occasione da tal dr. Angelo Menichini. Rispondendo al GUP (Onorati, ndr) Menichini "smontava" una ciclopica perizia commissionata dalla Procura di Matera e costata 115mila euro di oltre seimila pagine. Menichini è consulente dell'ABI (Associazione Banche Italiane) di cui erano soci e amministratori alcuni degli indagati. Poca cosa, di fronte alle responsabilità del PM (Annunziata Cazzetta) che aveva chiesto il rinvio a giudizio e poi si convertì ad una più mite richiesta di proscioglimento. Tutto questo mentre (Cazzetta) riceveva questa informativa e le altre che l'hanno preceduta.








mercoledì 6 gennaio 2010

Nuzzi, Verasani, Apicella, de Magistris:Archiviazione!








Tribunale di Perugia
_________

Il Giudice per le Indagini Preliminari,

(…)

Va subito detto che in questa sede non può assumere diretto rilievo il provvedimento emesso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in data 19.1.2009 nei confronti, fra l’altro, del dott. Apicella, del dott. Verasani e della dott.ssa Nuzzi.
Non sfugge infatti che di per sé un rilievo disciplinare non postula affatto un sottostante illecito penale.
Appaiono invece significative le ordinanze emesse dal Tribunale di Salerno, investito ai sensi dell’art. 324 cpp delle istanze di riesame presentate avverso i provvedimenti che hanno dato luogo all’iscrizione della notitia criminis a carico dei magistrati qui indagati.
Tali ordinanze, peraltro commenti in special modo uno dei due provvedimenti, inquadrano il fumus delicti sottostante e spiegano le ragioni della pertinenza del materiale sequestrato.
_________

Sta di fatto che, impregiudicata ogni valutazione afferente ai profili disciplinari, gli elementi raccolti (documentazione, dichiarazioni degli indagati, relazioni da essi a suo tempo redatte su singoli punti) autorizzano le seguenti considerazioni:

i magistrati della Procura di Salerno, segnatamente i coassegnatari dott. Verasani e dott.ssa Nuzzi, se da un lato erano titolari di procedimenti iscritti a carico del dott. Luigi De Magistris, originati da denunce contro di lui presentate per atti e comportamenti tenuti quale P.M. titolare dei procedimenti denominati “Poseidon” e “Why not”, incardinati presso la Procura di Catanzaro, dall’altro avevano avviato un procedimento penale originato dalle denunce presentate questa volta dal dott. De Magistris contro coloro cui egli addebitava di aver ordito una sorta di complotto, volto a delegittimarlo e infine a privarlo della titolarità di quei procedimenti;
il dott. De Magistris era stato dunque sentito numerose volte e nel contempo dallo stesso erano stati acquisiti elementi, documentali e non, a supporto della tesi da lui sostenuta;
in particolare i magistrati della Procura di Salerno, appoggiati dal dott. Apicella, debitamente informato, avevano chiesto – con le modalità riportate nella richiesta di archiviazione (cfr anche la parte narrativa del provvedimento emesso in sede disciplinare) – alla Procura Generale di Catanzaro, competente a seguito di avocazione per il procedimento “Why not”, e alla Procura della Repubblica della stessa città, competente per il procedimento “Poseidone”, in relazione al quale era stata in precedenza revocata la delega al dott. De Magistris, l’invio degli atti di tali procedimenti, ciò allo scopo di ricostruire per intero il quadro nel quale si era mosso il De Magistris e il fondamento non solo delle accuse contro di lui ma soprattutto quello delle accuse che lo stesso De Magistris stava formulando anche a carico di eminenti magistrati dell’una e dell’altra Procura;
strada facendo la dott.ssa Nuzzi e il dott. Verasani avevano formulato una corposa richiesta di archiviazione (che sarebbe stata poi accolta con provvedimento del GIP di Salerno, relativa a plurimi procedimenti a carico del De Magistris e nel contempo avevano proseguito le indagini incentrate sulle tesi accusatorie rivenienti dal predetto;
essi avevano fra l’altro iscritto nel registro degli indagati il Procuratore della Repubblica f.f. di Catanzaro, un magistrato della Procura Generale di Catanzaro, cui era da ascriversi l’avocazione del procedimento “Why not”, e via via altri magistrati, compreso il Procuratore Generale di quella città, in pratica gli stessi che sulla base del sopra richiamato carteggio avevano manifestato perplessità di vario genere all’invio degli atti richiesti;
in tale quadro i magistrati della Procura di Salerno si erano convinti che le difficoltà frapposte non fossero giustificate, mentre la base indiziaria, suffragata dalle accuse rivenienti dal De Magistris, meritava di essere approfondita, emergendo fra l’altro che il dott. Pierpaolo Bruni, uno dei magistrati cui era stato assegnato il procedimento “Why not”, stava manifestando la propria contrarietà alle scelte dei colleghi, volte a smembrare e disarticolare l’indagine (di ciò si dà conto in alcune relazioni, acquisite agli atti, a firma del dott. Bruni);
in tal modo si era giunti a quella vera e propria “summa”, che è rappresentata dal duplice provvedimento del 26.11.2008, con il quale, per quanto qui interessa, era stato disposto il sequestro probatorio degli atti che componevano il procedimento “Why not”, giacente presso la Procura Generale di Catanzaro, ed erano state disposte perquisizioni nei confronti di vari magistrati, già iscritti nel registro degli indagati, che avevano avuto un qualche ruolo nella vicenda professionale del dott. De Magistris e nella gestione dei procedimenti che costoro avevano ereditato da lui.
_________

Ciò posto, sembra possibile affermare che i magistrati inquirenti salernitani abbiano agito non per arrecare intenzionalmente un danno ingiusto ma per realizzare un fine di giustizia, correlato all’andamento del procedimento in corso.
Si può certamente discutere sulle modalità più acconce per conseguire quell’obiettivo e si può altresì convenire che il fine non giustifica i mezzi: è però un fatto che a distanza di mesi dalla prima richiesta degli atti, quest’ultima non era stata almeno per buona parte soddisfatta, e che la disponibilità di quegli atti continuava, fondatamente o meno, ad essere ritenuta necessaria.
D’altro canto quelle prime richieste erano state formulate su basi normative plausibili, senza che fosse concretamente configurabile la volontà di impedire l’ulteriore svolgimento dell’attività di indagine catanzarese, e tuttavia avevano incontrato obiezioni di varia natura, essenzialmente incentrate sull’interpretazione dell’art. 117 cpp, più volte invocato dal Procuratore Generale di Catanzaro dott. Enzo Iannelli a giustificazione del proprio agire e a fondamento delle proprie doglianze.
La norma si presta invero a plurime sfumature interpretative: può solo dirsi con buona approssimazione che se da un lato non esiste un diritto soggettivo del richiedente, potendo essere la richiesta motivatamente respinta, dall’altro non sembra sufficiente invocare sic et simpliciter il segreto investigativo, in quanto è presupposta anche la deroga all’art. 329 cpp, dovendosi piuttosto opinare che il giudizio sulla pertinenza o meno del materiale richiesto competa all’autorità a quo e che a quella ad quem spetti di valutare primariamente il pregiudizio riveniente da quella parziale “discovery interna”.
In ogni caso conta in questa sede la circostanza che i magistrati salernitani si ritenessero insoddisfatti e che di conseguenza fossero ricorsi allo strumento del sequestro, sicuramente di maggiore impatto, ma ritenuto in quella fase il solo disponibile per ottenere quanto richiesto ed evidentemente, già da mesi, reputato necessario, tanto più in quel peculiare e per certi versi lacerante contesto, connotato dalla duplice veste di indagati e indaganti a quel punto rivestita da taluni magistrati di Catanzaro.
Va anche rilevato che, come si evince fra l’altro dalle dichiarazioni del cancelliere Rinaldi Cicalese Patrizia, allegata alle produzioni effettuate dall’indagata Nuzzi, era prevista la sollecita estrazione di copie, funzionale alla restituzione del compendio sequestrato.
Ciò avvalora l’assunto difensivo, peraltro non implausibile anche se non adeguatamente esplicitato nel provvedimento, in ordine alla necessità di effettuare una rapida, puntuale verifica dell’originale degli atti dei procedimenti più volte richiesti, anche per sondare ipotesi di falso ideologico in alcuni atti.
Non va poi sottaciuto che il voluminoso provvedimento consente in qualche modo di ricostruire una linea guida, a sostegno dell’ipotizzato fumus delicti, già asseverato, si badi, in sede di riesame dal Tribunale di Salerno.
Che poi alla base di tale fumus delicti vi fossero innanzi tutto le dichiarazioni del De Magistris, sentito numerose volte, nulla toglie al fatto che i magistrati salernitani avessero maturato un determinato convincimento e intendessero perseguire una linea di indagine, quand’anche voglia opinarsi che fosse mancato un adeguato vaglio critico: in buona sostanza non sembra possibile sostenere che tutto fosse stato fatto al solo scopo di favorire De Magistris o di convalidare surrettiziamente un’ipotesi di complotto che già si sapeva sprovvista di fondamento.
In tale ottica appare privo di decisivo rilievo anche il fatto che nel corso del tempo il De Magistris, come emerge dall’analisi dei relativi tabulati, avesse avuto plurimi colloqui telefonici con la dott.ssa Nuzzi, nel riferito quadro di contatti divenuti progressivamente informali, a seguito delle numerose convocazioni e delle numerose apparizioni in Procura del magistrato denunciante.
Ogni ulteriore valutazione, a margine di tali considerazioni, potrebbe semmai rilevare al di fuori della sede penale, ma non è idonea ad interferire con il giudizio riguardante gli elementi costitutivi dell’ipotizzata fattispecie dell’abuso di ufficio.
In altre parole deve ritenersi mancante l’intenzionale volontà di arrecare un danno ingiusto, che costituisce requisito indispensabile per la configurabilità di detto reato.
Ciò vale ovviamente per il dott. Apicella, per la dott.ssa Nuzzi e per il dott. Versani, nonché per il ritenuto ispiratore dott. De Magistris, giacchè tutti gli altri indagati non possono dirsi sfiorati neppure da elementi di sospetto, essendosi limitati a partecipare alla fase esecutiva di provvedimenti adottati dagli altri tre magistrati.
E’ appena il caso di rimarcare che il dott. De Magistris non potrebbe essere da solo chiamato a rispondere della fattispecie in assenza della consapevole compartecipazione al reato di taluno degli intranei sopra indicati, eventualmente agenti in concorso con lui.
_________

Analoghe considerazioni valgono su un piano generale per le disposte perquisizioni.
A fronte delle doglianze sul punto specificamente formulate dal dott. Salvatore Curcio, relative agli asseriti eccessi di cui sarebbe stato vittima, è d’uopo osservare che la fase esecutiva non risulta ascrivibile in questo caso né al dott. Apicella né al dott. Verasani o alla dott. Nuzzi, bensì al dott. Centore, che peraltro si limitò ad assistere all’incombente senza assumere un ruolo attivo.
Va aggiunto che dal verbale di perquisizione e dall’annotazione poi redatta in data 4.12.2008 dal Sostituto Commissario Mazzeo non si evincono elementi tali da suffragare le accuse, risultando piuttosto come fosse stato compiuto ogni sforzo per rendere meno traumatico possibile lo svolgimento dell’incombente in un contesto di comprensibile disagio.
_________

Con riguardo infine al delitto di interruzione di un pubblico servizio, se in via di fatto non può negarsi una fase di stallo nello svolgimento dell’attività di indagine relativa al procedimento di cui erano stati sequestrati gli atti, è d’uopo nondimeno rilevare che la mancanza dell’intenzionalità richiesta per l’abuso di ufficio vale ad escludere altresì la stessa possibilità di ravvisare gli estremi costitutivi del delitto di cui all’art. 340 cp, essendo incompatibile il perseguimento di un fine di giustizia, che per un pubblico ministero costituisce innanzitutto un dovere d’ufficio, con la consapevole volontà di agire per turbare un pubblico servizio afferente alla medesima attività giudiziaria.
Né a tal fine potrebbero dirsi decisivi i rilievi contenuti nel provvedimento disciplinare, riguardanti l’asserita valenza almeno parzialmente preventive dunque indebita del disposto sequestro, giacché in realtà si tratta di una conseguenza di fatto di un provvedimento avente altra natura, ricollegabile alle motivazioni di cui s’è detto è comunque ispirato dall’esigenza di ottemperare ad una nemmeno supposto dovere d’ufficio.
_________

Non induce a diverse valutazioni il contenuto dell’esposto presentato contro i medesimi magistrati salernitani dal dott. Felice Maria Filocamo, che fa leva sui contenuti del provvedimento disciplinare, peraltro non rilevante al di fuori della sua sfera e del suo oggetto, che non coincide con i temi su cui potrebbe fondarsi alcuna delle accuse ipotizzate in questa sede.
_________

In conclusione la richiesta di archiviazione deve essere accolta.

P.Q.M.

Dispone l’archiviazione del procedimento a carico di magistrati indicati in epigrafe.
Ordine restituirsi gli atti al PM.
Dispone darsi comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura.

Perugia, 9.9.2009

Il Giudice per le Indagini Preliminari
dott. Massimo Ricciarelli

lunedì 4 gennaio 2010

Toghe Lucane: i documenti smembrati della più delicata inchiesta della storia d'Italia



Molti parlano senza conoscere nulla di ciò su cui pontificano. Avrete certamente letto delle "inchieste flop" condotte dal Dr. Luigi De Magistris" oppure del "fallito De Magistris". Si tratta di termini sprezzanti per definire l'operato di un servo dello Stato che, se davvero avesse lavorato con tanta sciatteria meriterebbe ben altro che il seggio di parlamentare europeo su cui oggi siede. La verità è diversa, e lo è di molto.
Per giudicare il suo lavoro, forse il termine è un po' forte giacché noi cittadini comuni non abbiamo le conoscenze del caso e quindi diremo per farci un'idea del suo lavoro, è opportuno leggere qualcosa delle indagini svolte dal PM Luigi de Magistris e firmate da decine di collaboratori di polizia giudiziaria che hanno lavorato con lui e per lo Stato. Cominciamo con delle immagini, per tutti coloro che non hanno tempo per leggere: quelle dei cento e passa faldoni dell'inchiesta "Toghe Lucane" così come erano il 27 agosto 2008, prima che De Magistris fosse trasferito ad altro ufficio ed altro incarico. Oggi di questi faldoni non è possibile reperire nemmeno i contenitori. Sono stati "sfaldati", frantumati, spezzettati e riassemblati dal PM Vincenzo Capomolla "applicato" da Crotone a Catanzaro per la bisogna. Adesso l'inchiesta è suddivisa in mille rivoli ed in nessuno di essi si trovano "atti idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Tranne che in uno stralcio che ha una storia ancora più allucinante e di cui si parla altrove.
Sfortunatamente per coloro che hanno inteso far "scomparire" una delle inchieste più complete e preoccupanti sul sistema di corruttela e sopruso che infesta l'Italia (ed il Mezzogiorno in particolare), qualcuno aveva avuto accesso (legittimamente) a quegli atti e ne ha conservato ampie documentazioni. Di seguito le fotografie dell'inchiesta, a brevissimo gli atti da leggere (qualcuno è già pubblicato e documenta come la preoccupazione di bloccare De Magistris, da parte di uno degli indagati (l'avv. Emilio Nicola Buccico, ex CSM), fosse già operante ben prima che l'inchiesta "Toghe Lucane" venisse resa nota al pubblico. Si veda la trascrizione del colloquio fra lo stesso Buccico e Giuseppe Galante (Procuratore Capo a Potenza).



p.s. Qualcuno dirà (come ha detto) che l'operato del Dr. De Magistris lo poteva giudicare solo il CSM (che lo ha fatto condannandolo "all'esilio" disciplinare). Non è vero. Potevano giudicarlo anche i magistrati di Salerno, i magistrati dell'ufficio GIP di Catanzaro, i magistrati del Tribunale del Riesame di Catanzaro, i magistrati della Suprema Corte di Cassazione. Tutti costoro lo hanno giudicato ritenendolo adeguato, opportuno e ineccepibile. Anzi, hanno specificato (Salerno) che esisteva una trama nemmeno tanto oscura, visto che se ne conoscono nomi, cognomi e attività, che operava (associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari) per delegittimare De Magistris e le sue inchieste. Ma di questo nessuno vi darà conto, perché è troppo imbarazzante per un sistema marcio che deve difendersi con ogni mezzo per non soccombere alla giustizia. Di tutto ciò pubblicheremo gli atti giudiziari (anche quelli scomparsi): SCRIPTA MANENT!







sabato 2 gennaio 2010

Elenco dei residenti in Basilicata iscritti nella "Lista dei Massoni dell'inchiesta Cordova 1992"

Non c'è nulla di male ad essere iscritti ad una loggia massonica, nemmeno ad essere "muratori" osservanti. La Massoneria si propone l'elevazione dello spirito degli iscritti ed ha finalità non in contrasto con la Legge. Tuttavia, è utile conoscere coloro che prestano il giuramento massonico poiché in esso è contenuto l'impegno a considerare i "fratelli muratori", ad aiutarli e persino a mantenerli (in caso di bisogno) riservando loro una priorità rispetto al resto degli uomini. La cosa in sé non è illegittima. Ma cosa accade se in una causa penale il giudice e l'avvocato di una delle parti sono "fratelli massoni"? Oppure se l'imputato ed il pubblico ministero sono legati dal giuramento di reciproca amicizia e assistenza di una qualche obbedienza massonica? Ecco che, quantomeno, è utile conoscerli, sapere chi sono e, all'occorrenza, tenerne debito conto.

n.b. si precisa che l'elenco di seguito esposto è quello ufficiale, tratto dall'inchiesta sulla massoneria svolta dal giudice Agostino Cordova. Qualora vi fossero errori e/o correzioni da apportare, basterà segnalarlo (documentando la fonte) e verranno immediatamente apportate le modifiche del caso.



Cognome Nome, Data di nascita, Luogo di nascita, Occupazione

Residenti a Matera
Bearadengo Francesco, 02/10/1951, Matera, Avvocato
Benedetto Nicola, 01/11/1930, Montalbano Jonico, Commerciante
Bianco Giovanni, 13/12/1947, Policoro, Assistente
Bortiglio Francesco, 22/05/1926, Policoro, Dirigente d'azienda
Bruno Carmelo Antonio, 09/05/1938, Matera, Dipendente Accademie e Conservatori
Bussalay Salvatore G., 16/08/1930, Bernalda, Dipendente E.N.E.A.
Ciancia Vito, 19/09/1928, Matera, Professore
D'Auria Camillo, 14/04/1930, Matera, Medico Ospedaliero
De Paola, 03/02/1949, Tursi
Defilpo Vincenzo, 21/09/1953, Matera, Dipendente Accademie e Conservatori
Denti, 20/03/1939, Policoro
Di Cuio Vito, 10/10/1950, Matera Dipendente S.I.P.
Duni Nicola, Matera, Ingegnere
Durante Franco, 01/02/1943, Marconia, Tecnico
Franchino Nicola, 21/11/1934, Matera, Preside
Fraschetti Giovanni, 10/06/1941, Policoro, Dipendente E.N.E.A.
Gagliardi, 20/12/1938, Tursi
Labriola, 11/02/1925, Tursi, Medico
Labriola, 15/07/1923, Tursi, Impresario edile
Labriola Giuseppe, 23/07/1953, Tursi, Avvocato
Losacco Luigi, 31/01/1960, Matera, Commerciante
Mastrodomenico Filippo, 07/08/1953, Matera, Rappresentante
Muresu Giovanna, 28/08/1946, Marconia, Casalinga
Panizza Francesco Romano, 27/09/1936, Matera, Rappresentante
Riccardi Alberto, Matera, Geometra
Romano Domenico, 26/10/1950, Bernalda, Vigile urbano
Russo Giovanni, Bernalda, Geometra
Simone Pietro, Nova Siri Scalo
Speraddio Luigi, Matera
Tortora Gerardo, Policoro
Vanni Guido, 10/04/1954, Matera, Ispettore

Residenti a Potenza
Araneo Giuseppe 01/09/1955 Pescopagano Medico
Avallone Luigi, 22/02/1921, Potenza, Impiegato
Cannizzaro Michele, 19/03/1948, Potenza, Medico
Carboni Antonio, 27/08/1952, Lagonegro, Ingegnere
Cardone Raffaele, 06/07/1943, Lavello, Commerciante
Carriero Ugo, 01/04/1952, Potenza, Bancario
Catalano Filomena, 09/01/1959, Lavello, Avvocato
Catalano Raffaele Mauro, 12/11/1963, Lavello, Libero professionista
Cominelli Giovanni, 20/05/1938, Paterno, Insegnante
Costabile Antonio, 09/06/1915, Potenza, Avvocato
Coviello Nicola, 16/06/1957, Potenza, Bancario
De Luise Antonio, 29/01/1921, Spinoso, Insegnante
Del Gaudio Ottavio, 01/06/1955, Potenza, Architetto
Deputato Tommaso, 20/12/1945, Venosa, Commerciante
Di Grisolo Giuseppe, 08/01/1942, Venosa, Imprenditore agricolo
Ferrajolo Mario, 06/06/1938, Rionero, Architetto
Fiore Vincenzo, 02/03/1955, Potenza, Ingegnere
Flovilla Antonio, 03/08/1948, Rionero, Direttore generale
Giuratrabocchetta Michele, Potenza
Grimolizzi Giovanni, Barile
Ielpo Aldo, 13/04/1931, Potenza Preside
Lebotti Giovanni Potenza, Avvocato
Libutti Rocco, Potenza, Dirigente
(persona diversa dall'avv. Rocco Libutti, nato il 16.6.1944)
Lomeo Alberto Maria, Potenza
Lomio Luigi, 13/02/1957, Lavello, Avvocato
Magno Luigi, 31/07/1944, Venosa, Funzionario
Marinelli Bernardino, 18/08/1935, Potenza, Impiegato
Marinelli Mario, 30/05/1946, Potenza, Avvocato
Maruggi Giampiero, 25/04/1957, Potenza, Bancario
Mazzitelli Pasquale, Potenza
Onorato Martelli Vincenzo, Potenza
Paciello Donato, Potenza, Ragioniere
Paciello Marcantonio, Potenza
Perillo Alfredo, 21/03/1941, Melfi, Rappresentante
Perone Eduardo, 18/02/1945, Lauria, Medico Ospedaliero
Petrarolo Vincenzo, 18/12/1940, Potenza
Petrone Antonio, 09/07/1950, Potenza, Bancario
Petrone Antonio, 09/07/1950, Potenza, Funzionario
Pirozzi Pasquale, 26/10/1958, Potenza, Impiegato
Restaino Michele G.M., 24/04/1956, Calciano, Ingegnere
Ricciuti Federico, Potenza
Ridolfo Giuseppe, Potenza
Rizzo Marcello, Potenza
Roselli Andrea, Potenza
Tamburrini Antonio, Potenza, Avvocato
Tancredi Aristide, Potenza, Professore
Telesca Agostino, Potenza, Professore
Topi Francesco Maria, 10/06/1956, Venosa, Avvocato
Totaro Antonio Rocco V., Potenza, Ingegnere
Vasta Mario 04/08/1941, Potenza, Insegnante


CSM su magistrato massone: ventitre voti favorevoli ed uno contrario dell'avv. Buccico

Tratto dal Notiziario di Magistratura Democratica al CSM (n. 14 del 10.4.2003)


E’ frequente da parte di molti componenti la critica ai pareri dei consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità ai fini della progressione in carriera. Pareri accusati di genericità ed eccessiva enfatizzazione. In particolare l’avv. Buccico si è distinto per la denuncia di un fenomeno, ironicamente descritto come espressione di una cattiva letteratura agiografica. Sul piano sostanziale si è spesso lamentata, e l’avv. Buccico in primis, l’eccessiva indulgenza corporativa che porta a rendere del tutto teorica un’effettiva selezione e una reale valutazione della professionalità dei magistrati.
Ora, veniva all’esame del plenum una proposta di dichiarazione di non idoneità alla nomina a magistrato di cassazione di un magistrato, entrato in carriera il 5 aprile 1965, relativamente al periodo 5 aprile 1988 - 5 aprile 1991. Per il triennio precedente c’era stata analoga valutazione negativa. In entrambi i casi il parere del consiglio giudiziario era stato motivatamente negativo.
Il magistrato interessato, arrestato nel 1985 perché accusato di malversazione aggravata in concorso, e per tale ragione sospeso dalle funzioni e dallo stipendio, era stato prosciolto nel 1989 per amnistia, previa derubricazione della malversazione in appropriazione indebita. In relazione ai fatti oggetto del processo penale era stato avviato il procedimento disciplinare concluso con sentenza di condanna alla perdita di anzianità di un anno nel 1992. Altra condanna all’ammonimento era stata irrogata nel 1990 per pesanti ritardi nel deposito di provvedimenti. Nel 1996, infine, è stata irrogata la sanzione della perdita di anzianità di due anni per essere stato iscritto alla massoneria dal 1974 al 1993.
La lunga militanza massonica e la condanna disciplinare per scarsa laboriosità erano le circostanze prese in esame dal consiglio giudiziario per esprimere il parere negativo.
La proposta della quarta commissione è stata approvata con ventitre voti favorevoli e uno contrario dell’avv. Buccico. In assenza di un’espressa motivazione non si può sapere quale sia stata la ragione per la quale egli si sia opposto a una valutazione negativa argomentata in modo assolutamente convincente e su un parere negativo del consiglio giudiziario. Si può pensare che l’appartenenza alla massoneria sia stata ritenuta insufficiente a giustificare una valutazione negativa. Ma c’era ben altro. Resta il fatto che ha francamente sorpreso un voto negativo da parte di un componente normalmente molto critico nei confronti del sistema vigente delle valutazioni di professionalità.

(16.01.2007) Quel giornalista bisogna fermarlo: colloquio fra Nicola Buccico e Giuseppe Galante

Quella che riportiamo di seguito, è la parte più significativa ai fini delle testimonianze che sono state rese davanti al CSM, con speciale riguardo alle posizioni di Mariano Lombardi e Salvatore Murone (all'epoca Procuratore Capo e Procuratore Aggiunto presso la Procura di Catanzaro). Il colloquio registrato il 16 gennaio 2007, ben prima che gli interessati venissero attinti dagli avvisi di garanzia e dai procedimenti di perquisizione e sequestro, mostra chiaramente che il Sen. Emilio Nicola Buccico ed il Dr. Giuseppe Galante (Procuratore Capo a Potenza) conoscevano l'esistenza dei procedimenti, le persone coinvolte (fra cui essi stessi), e le dimensioni dell'indagine ('nu faldone enorme). Non solo, ma avevano già parlato con Lombardi (Galante) e con Murone (Buccico). Ottenendo (così afferma Buccico) la rassicurazione che i procedimenti dal suo arrivo (di Murone) in poi se li era presi lui. Questa affermazione trova diretta conferma nella deposizione della D.ssa De Angelis e in quanto già denunciato da Piccenna Nicola (procedimento incardinato a Salerno contro Murone e Salvatore Curcio (Sost. Proc. a Catanzaro). Murone riceve una denuncia querela contro il Procuratore Capo di Matera, Giuseppe Chieco, la trattiene 6 mesi senza effettuare alcuna iscrizione, indagine o atto di sorta, e poi la passa a Curcio mentre la querela richiamava esplicitamente le altre denunce fatte contro lo stesso Chieco ed assegnate al Dr. De Magistris. Curcio iscrive la denuncia contro ignoti! Lo stesso GIP che riceve dopo altri sei mesi la richiesta d'archiviazione a firma di Curcio, rileverà l'anomalia e disporrà l'iscrizione coatta del Dr. Chieco nel registro degli indagati. Le rassicurazioni ricevute da Buccico sono perfettamente in linea con le gravi accuse mosse dalla D.ssa De Angelis (nella deposizione durante il plenum dell'11.1.2008 e con l'atteggiamento dilatorio, inerte e fuorviante tenuto relativamente al citato episodio, tuttora rilevato in procedimento penale presso la Procura di Salerno. Buccico, inoltre, afferma di aver parlato con Domenico Pudìa (Procuratore Generale a Catanzaro) e di aver saputo da questi alcuni particolari dei procedimenti sorti dagli esposti di “Picenna”. È quindi inveritiero ciò che lo stesso Buccico dichiara quando il Corriere della Sera scrive dei procedimenti lo stesso giorno della notifica dell'informazione di garanzia (27.2.2007). Infatti il colloquio registrato risale ad oltre un mese prima, mentre il colloquio con Pudià è retrodatabile di alcuni mesi. Buccico sapeva tutto da almeno sei mesi prima dell'avviso di garanzia. Le sollecitazioni che Galante dice di aver esercitato su Lombardi per far tacere “la mina vagante” trovano riscontro attuativo: Lombardi riceve e si auto-assegna quasi tutte le denunce querele che arrivano dallo stesso Galante, da Iside Granese (Presidente del Tribunale di Matera), da Felicia Genovese (Sost. Proc. antimafia Potenza), da Annunziata Cazzetta (sost. Proc. a Matera), da Giuseppe Chieco (Proc. Capo a Matera) contro “Picenna”.
La registrazione venne effettuata da Claudia De Luca (sost. Proc. a Potenza) nella stanza del Dr. Giuseppe Galante per documentare le pressioni che la stessa PM riceveva dallo stesso Galante a ragione del suo ruolo di PM nel processo contro Bubbico Filippo (all'epoca sottosegretario alle attività economiche) ed alla giunta regionale da lui presieduta negli anni 2000-2001.

BUCCICO: Emilio Nicola Buccico – senatore della Repubblica Italiana
GALANTE: Giuseppe Galante – Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Potenza
De LUCA: Claudia De Luca – Sost. Proc. presso la Procura della Repubblica di Potenza
(le qualifiche riportate sono riferite alla data del colloquio 16.1.2007)


BUCCICO: Che poi sempre lui scrive (Piccenna, giornalista de “Il Resto”, settimanale di Matera). Filippo De Lubac è lui, penso che anche Claudio Galante, l'ultima firma...

GALANTE: eh? Chi è questo?

BUCCICO: Sarà lui, perché ho visto che lo stile è perfettamente identico.

GALANTE: è una mina vagante che ha prodotto danni e che ora bisogna bloccare. Io ho parlato con Mariano Lombardi e ho detto mo' ti devi muovere; e mo' basta!

BUCCICO: Scusa, hai perso tempo solo. Perché è 'nu brav'uomo, io ho presieduto la sua sessione disciplinare l'abbiamo assolto perché l'avevano martirizzato per una cosa che aveva fatto a Salerno. Un brav'uomo totalmente inidoneo a reggere una Procura della Repubblica. Non perdere tempo! Con quella moglie super attiva nei suoi confronti, ha fatto l'errore di aver sposato la capa cancelliera... una situazione abnorme, unica. C'è un aggiunto bravo: Salvatore Murone. Il quale però, per questa rigida divisione dei compiti, dice “no, io da quando sono entrato mi prendo quelle che sono entrate” e tutto il precedente finito fra Spagnuolo e De Magistris... durano anni, anni e anni. Però a Chieco hanno chiesto l'archiviazione per le cose di Picenna. Me l'ha detto Chieco l'altro giorno

GALANTE: l'archiviazione parziale... io, l'altro giorno, ho chiesto a De Magistris di essere interrogato e non se l'è filato proprio. Che caspita c'entro io in quella bolgia della Banca Popolare del Materano? Questa è colpa di Mariano Lombardi che ha eseguito l'affastellamento di situazioni che non c'entrano nulla con la banca

BUCCICO: Ma nella Banca Popolare del Materano non c'è reato

GALANTE: No per...

BUCCICO: ah, ma la faccenda della presidente

GALANTE: chi presidente? Attilio?

BUCCICO: ehhhh, e vabbè. Ma so' fssarì (sono fesserie).

GALANTE: Ma io che c'entro? Perché la mia posizione? Che poi è quella riservata al CSM. Quella collegata, credo.

BUCCICO: Cioè? Non capisco

GALANTE: C'è una pratica aperta al CSM contro di me in disciplinare, collegata sicuramente a questa mia limitazione di Catanzaro, che è la bellezza di trecento diciannove ter: corruzione in atti giudiziari, io! Ho chiesto a De Magistris l'altro giorno, sono andato a trovarlo, qui datti da fare perché io voglio rendere interrogatorio. Voglio sapere che caspita c'hai. Che c'entro io. È un faldone enorme con la Banca Popolare del Materano. Non c'entro niente. Questo è Mariano Lombardi che ha messo tutto insieme. Tutto insieme: Matera, Potenza... Origine? Picenna!

BUCCICO: Però, prima che andasse in pensione Pudìa, ...era in pensione da venti giorni... io ebbi un processo a Catanzaro, mi ha detto “ci siamo stancati degli esposti di questo Picenna”. Me lo disse Pudìa che è il... sì, che era però... detto da Pudìa è diverso perché Pudìa è, diciamo, è il tutore dell'altra metà che è divisa la Procura... dell'altra metà c'è Spagnuolo e De Magistris.

GALANTE: De Magistris è un ottimo magistrato, però si deve muovere. Non posso stare...

BUCCICO: Quindi lui ti disse ha messo tutto insieme? De Magistris ha messo tutto insieme?

GALANTE: Lombardi, Lombardi. Che c'entro io. Mi trovo in una situazione... perciò tu dici i capelli bianchi. Ma per forza

BUCCICO: Sì, ma pure quell'altra. Vedi la Granese è 'na povera donna ma 'na buona donna

GALANTE: ha qualche problema... il marito...

BUCCICO: ma sai, sì ha il problema del marito ma che ha fatto? S'era assegnate 'ste cause della Banca Popolare, però senza adottare nessun provvedimento. Prima di ogni cosa... ma dove stanno 'sti reati? Ma proprio a perdere tempo, guarda

GALANTE: vabbè

BUCCICO: Vi posso venire a rubare cinque minuti?

DE LUCA:

GALANTE: Vabbè

BUCCICO: Peppì... tu conosci Filippo Bubbico?

GALANTE: eh sì

BUCCICO: siamo nati nello stess... cioè, io sono nato a Matera però mi considerano montese perché papà mio è di Montescaglioso e lui è di Montescaglioso. Io c'ho un ottimo rapporto perché per me è una bravissima persona

GALANTE: per me è l'unico politico che ha... che ha cervello in testa nella regione Basilicata

BUCCICO: è una bravissima persona... praticamente, lui si fa scrivere di tutto. Ho detto ma non puoi fare querela?

GALANTE: una l'ha fatta, contro quell'imbecille di Giovanardi

BUCCICO: gli hanno scritto delle cose antipaticissime, tra l'altro di carattere personale. Lo studio suo che ha fatto questo... il baco da seta... Fate una querela!

GALANTE: questo ultimo che ha scritto Piccenna... quello è pesante! Lì si dovrebbe muovere

BUCCICO: quello del questore...

GALANTE: quello del Consorzio Seta

BUCCICO: cioè lui l'ha scritto tre volte, quattro volte

GALANTE: così come è rappresentato è un fatto pesantissimo

BUCCICO: Perché lui non se ne frega niente

DE LUCA: Lui lo fa, invece bisognerebbe dargli addosso. Perché poi...

GALANTE: esatto

BUCCICO: non se ne frega niente. Io ogni giorno che lo vedo là... Chieco, finalmente, ieri mi ha detto: “no, no basta. Io mi sono stancato. Questa gliela faccio”. Ciao Peppì

GALANTE: Ciao Nicolì

DE LUCA: arrivederla procuratò