Il Giudice condanna perché è “Irrilevante accertare
la verità
dei fatti”; ovvero quando dell'esercizio
giurisdizionale c'è da vergognarsi
Mennuti Antonio e Di Bello Giuseppe sono due cittadini lucani, come tanti altri (non tantissimi, si sa che molti emigrano). Per anni sono stati al servizio delle istituzioni in quello specifico settore della pubblica sicurezza che tanto è indicativa della civiltà di un Paese. Il primo nella Polizia di Stato, il secondo nella Polizia Provinciale. Recentemente sono stati oggetto di provvedimenti indicativi del clima che da anni si respira in Basilicata, immondezzaio d'Italia per interessi inconfessabili e terra di sfruttamento per vocazione politica.
Al signor Mennuti
Antonio viene contestato di aver affisso, nella bacheca della Polizia
di Stato a Potenza, una comunicazione sindacale diffamatoria nei
confronti di un dirigente di quella Polizia. Precisa, la sentenza,
che: “nel giudicare il caso specifico, non abbia alcuna rilevanza
l’accertamento della verità o meno dei fatti attribuiti
dall’imputato alla parte lesa” e questo a noi Lucani può bastare
per quanto diremo in seguito. Contro Di Bello si è costituita parte
civile l'associazione nazionale dei funzionari della Polizia di
Stato. Associazione che non si è costituita quando quel Dirigente
era sotto processo per peculato d'uso, poiché usava il telefonino di
servizio per chiamate ed sms “strettamente personali”! Il
relativo processo si è concluso con l'assoluzione, ma chi ha
ascoltato quelle migliaia di chiamate e letto quelle centinaia di sms
non può che constatare l'ostentazione bizantinistica insita in certe
sentenze. Per molti non è riprovevole colui che lo scandalo lo
commette ma quelli che lo denunciano, come se l'onorabilità fosse un
esercizio d'ipocrisia ben riuscito piuttosto che la conseguenza di
comportamenti limpidi e corretti.
Al signor Di Bello
Giuseppe, a cui il Signor Prefetto Illustrissimo ha ritirato “il
distintivo”, si contesta di non avere più la stima dei suoi
compaesani e, per un poliziotto, questo costituisce effettivamente un
limite invalicabile.
Quali sono i fatti
la cui verità non è rilevante accertare nel “caso” Mennuti?
Sono quelli di cui tutti i Lucani hanno letto e che rilevano non da
congetture o teoremi giudiziari, bensì dalle intercettazioni
telefoniche che svelavano aspetti inquietanti ed espressioni
irriferibili ed ignominiose. Ordinario standard della vita
professionale di “quel” dirigente. Viene da chiedersi se
l'illustrissimo signor Prefetto non voglia effettuare una verifica
sulla stima e sulla considerazione che i Lucani hanno di quel
Dirigente. Ne trarrebbe l'inevitabile conseguenza che occorre
ritirargli il “tesserino”, ma di questo caso al Prefetto non
sembra importare un fico secco.
Di Bello Giuseppe,
invece, avrebbe perso la fiducia dei Lucani perché, insieme con
Maurizio Bolognetti segretario dei Radicali di Basilicata e
perennemente vocato a farsi i fatti degli altri (in altri tempi si
chiamava bene comune, ma in Basilicata è un delitto per cui meritare
perquisizioni e processi), ha scoperto e fatto conoscere una quantità
impressionante di depositi inquinanti e risorse inquinate.
Giustamente, secondo Sua Eccellenza il Prefetto, i Lucani devono
averlo in pessima considerazione. Specie coloro che vivono nei pressi
della discarica di fosfogessi e che prima, magari, ci andavano a fare
le scampagnate e adesso non possono più. O, magari, tutti coloro che
innaffiano con l'acqua del Pertusillo e adesso sanno che contiene
certe quantità di petrolio e suoi succedanei. Vuoi mettere coltivare
un'insalata e mangiarsela sapendo che è perfettamente naturale e,
diversamente, domandarsi se è il caso persino di raccoglierla?
Mennuti e Di Bello,
due eroi loro malgrado che dimostrano quanto difficile sia la
situazione in Basilicata. Altri due che si aggiungono ai tanti che si
battono ogni giorno per non lasciare questa Regione nelle mani di una
classe politica che, nel migliore dei casi, ha svenduto le risorse
regionali per un piatto di lenticchie (ai lucani) lasciando dubbi su
operazioni di alta finanza petrolifera che, ancora oggi, suscitano
tanti preoccupanti interrogativi e nessuna risposta.
di Filippo
de Lubac
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