sabato 5 gennaio 2013

Mennuti Antonio, Di Bello Giuseppe: eroi di ieri nella Lucania di oggi

Il Giudice condanna perché è “Irrilevante accertare
 
la verità dei fatti”; ovvero quando dell'esercizio
 
giurisdizionale c'è da vergognarsi

Mennuti Antonio e Di Bello Giuseppe sono due cittadini lucani, come tanti altri (non tantissimi, si sa che molti emigrano). Per anni sono stati al servizio delle istituzioni in quello specifico settore della pubblica sicurezza che tanto è indicativa della civiltà di un Paese. Il primo nella Polizia di Stato, il secondo nella Polizia Provinciale. Recentemente sono stati oggetto di provvedimenti indicativi del clima che da anni si respira in Basilicata, immondezzaio d'Italia per interessi inconfessabili e terra di sfruttamento per vocazione politica.
Al signor Mennuti Antonio viene contestato di aver affisso, nella bacheca della Polizia di Stato a Potenza, una comunicazione sindacale diffamatoria nei confronti di un dirigente di quella Polizia. Precisa, la sentenza, che: “nel giudicare il caso specifico, non abbia alcuna rilevanza l’accertamento della verità o meno dei fatti attribuiti dall’imputato alla parte lesa” e questo a noi Lucani può bastare per quanto diremo in seguito. Contro Di Bello si è costituita parte civile l'associazione nazionale dei funzionari della Polizia di Stato. Associazione che non si è costituita quando quel Dirigente era sotto processo per peculato d'uso, poiché usava il telefonino di servizio per chiamate ed sms “strettamente personali”! Il relativo processo si è concluso con l'assoluzione, ma chi ha ascoltato quelle migliaia di chiamate e letto quelle centinaia di sms non può che constatare l'ostentazione bizantinistica insita in certe sentenze. Per molti non è riprovevole colui che lo scandalo lo commette ma quelli che lo denunciano, come se l'onorabilità fosse un esercizio d'ipocrisia ben riuscito piuttosto che la conseguenza di comportamenti limpidi e corretti.
Al signor Di Bello Giuseppe, a cui il Signor Prefetto Illustrissimo ha ritirato “il distintivo”, si contesta di non avere più la stima dei suoi compaesani e, per un poliziotto, questo costituisce effettivamente un limite invalicabile.
Quali sono i fatti la cui verità non è rilevante accertare nel “caso” Mennuti? Sono quelli di cui tutti i Lucani hanno letto e che rilevano non da congetture o teoremi giudiziari, bensì dalle intercettazioni telefoniche che svelavano aspetti inquietanti ed espressioni irriferibili ed ignominiose. Ordinario standard della vita professionale di “quel” dirigente. Viene da chiedersi se l'illustrissimo signor Prefetto non voglia effettuare una verifica sulla stima e sulla considerazione che i Lucani hanno di quel Dirigente. Ne trarrebbe l'inevitabile conseguenza che occorre ritirargli il “tesserino”, ma di questo caso al Prefetto non sembra importare un fico secco.
Di Bello Giuseppe, invece, avrebbe perso la fiducia dei Lucani perché, insieme con Maurizio Bolognetti segretario dei Radicali di Basilicata e perennemente vocato a farsi i fatti degli altri (in altri tempi si chiamava bene comune, ma in Basilicata è un delitto per cui meritare perquisizioni e processi), ha scoperto e fatto conoscere una quantità impressionante di depositi inquinanti e risorse inquinate. Giustamente, secondo Sua Eccellenza il Prefetto, i Lucani devono averlo in pessima considerazione. Specie coloro che vivono nei pressi della discarica di fosfogessi e che prima, magari, ci andavano a fare le scampagnate e adesso non possono più. O, magari, tutti coloro che innaffiano con l'acqua del Pertusillo e adesso sanno che contiene certe quantità di petrolio e suoi succedanei. Vuoi mettere coltivare un'insalata e mangiarsela sapendo che è perfettamente naturale e, diversamente, domandarsi se è il caso persino di raccoglierla?
Mennuti e Di Bello, due eroi loro malgrado che dimostrano quanto difficile sia la situazione in Basilicata. Altri due che si aggiungono ai tanti che si battono ogni giorno per non lasciare questa Regione nelle mani di una classe politica che, nel migliore dei casi, ha svenduto le risorse regionali per un piatto di lenticchie (ai lucani) lasciando dubbi su operazioni di alta finanza petrolifera che, ancora oggi, suscitano tanti preoccupanti interrogativi e nessuna risposta.
di Filippo de Lubac

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