Il degrado della Giustizia: Chieco e il Villaggio dei Turchesi
Dopo Emilio Nicola Buccico, per numero di querele presentate, ma con un certo “distacco”, ecco collocarsi Giuseppe Chieco (all'epoca) Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Matera.
Vi era certo una qualche forma di emulazione se, come accertò la Guardia di Finanza di Catanzaro durante una perquisizione eseguita nell'abitazione materana del Chieco, nel suo personal computer venne rinvenuto un file contenente il testo di una querela del Buccico che, ammise Chieco, egli intese utilizzare quale spunto per redigerne una a sua firma. Di questa querela narreremo in seguito, poiché si tratta di un procedimento tuttora in corso in sede di appello.o “distacco”, ecco collocarsi Giuseppe Chieco, all'epoca Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Matera.
Siamo nei primi mesi del 2007 e la vis querelatoria contro gli articoli de “Il Resto” tocca il suo apice. Praticamente per ogni uscita (settimanale) vengono presentate una o più querele. A volte lo stesso articolo viene querelato da più persone ed invocando la competenza di diverse Procure. Il risultato è una moltiplicazione dei procedimenti penali cui seguirà una moltiplicazione delle udienze.
Tutti i procedimenti terminati con sentenze oppure ordinanze definitive, si sono conclusi con l'affermazione dell'innocenza dei giornalisti. Ma, il vero paradosso, è che per alcuni procedimenti “doppi”, sorti cioè dalle medesime doglianze, per gli stessi articoli, con coincidenza dei querelanti, i giudici delle udienze preliminari hanno continuato a disporre i rinvii a giudizio. Per cui, tra le tante storture che limitano la possibilità di continuare a svolgere il nostro lavoro di giornalisti, vi è anche quella di dover rispondere ai giudici per delitti certamente non commessi per i quali è impossibile che non si arrivi all'assoluzione per “ne bis in idem”. Appare chiara la conclusione da trarre sul perché un giudice, informato attraverso le formalità di rito, rifiuti di prendere atto dell'inutilità di proseguire nel processo con ulteriori udienze, citazioni, testimonianze, carte, carte e ancora carte; a volte persino in bollo!
Nel presentare il procedimento 2544/2007 presso il Tribunale di Catanzaro, nulla si deve aggiungere agli atti ufficiali del fascicolo, culminanti con una sentenza chiarissima. Solo il rammarico che, a distanza di otto anni e dopo un proscioglimento divenuto definitivo a maggio 2014, noi giornalisti siamo ancora sotto processo (per gli stessi articoli, su querela dello stesso Chieco, presso lo stesso Tribunale, su richiesta della stessa Procura).
Il Giudice dell'Udienza preliminare è chiarissimo: “...Orbene manifesta è, alla luce di tali emergenze, la veridicità del contenuto degli articoli dedicati all'argomento appena esaminato e ciò anche alla luce delle stesse ammissioni del diretto interessato... Acclarata la verità storica delle notizie divulgate, pacifica appare l'operatività nella vicenda in esame dell'esimente del diritto di cronaca giudiziaria anche nella forma putativa atteso l'evidente interesse sociale delle notizie pubblicate e, comunque, l'assenza negli articoli redatti dal PICENNA di contumelie o offese gratuite finalizzate a immotivatamente aggredire la sfera personale del soggetto passivo. Consegue da quanto detto che, in favore degli odierni imputati, va emessa una sentenza di non luogo a procedere \n ordine al delltto loro contestato perché il fatto non costituisce reato...”.
La Procura di Catanzaro, chiede il rinvio a giudizio senza aver svolto alcuna indagine circa la fondatezza delle notizie riportate negli articoli contestati. Scrivere di un magistrato costituisce diffamazione “a prescindere”, anche se si scrive il vero, come in questo caso. Poi occorrono sette anni per venirne fuori!
Diversamente, il Dr. Chieco è andato tranquillamente in pensione senza aver mai dovuto rispondere di quei comportamenti e degli atti da lui assunti in veste di Procuratore Capo di cui chiedevano conto gli articoli pubblicati. Richiesta che tanto lo aveva disturbato spingendolo a querelare ingiustamente, poiché tutto quanto riportato era, e si è dimostrato, assolutamente vero.
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