Negli atti di “Toghe Lucane”: Tufano, Bonomi, Cetola, Garelli, Improta, Polignano e le
minacce ai Carabinieri
Nei capi d'imputazione ad un certo
punto si leggono: b1 e c1 (si noti che abbiamo superato la zeta da un
pezzo), sono una delle parti più sconvolgenti dell’indagine
conclusa l’8 agosto 2008 dal Dr. Luigi De Magistris. Forse per la
stima e l’onore sempre attribuiti all’Arma dei Carabinieri,
certamente non scompaiono al primo illecito di suoi ufficiali ma
necessariamente e doverosamente sarebbero da tutelare e recuperare
con provvedimenti esemplari. Qui non si tratta di attendere le
eventuali condanne, nemmeno di discettare di garantismo e verità
processuale. Le azioni poste in essere, le minacce, la manipolazione
della verità per raggiungere abbietti (ma quale manipolazione si
potrebbe giustificare per fini nobili?) tutto documentato dalle
intercettazioni telefoniche e dagli atti acquisiti, pongono il
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri di fronte alla necessità
di compiere scelte dolorose e coraggiose al tempo stesso. Non è
questione di pareri, non è nemmeno questione disciplinare.
Primariamente è una questione d’onore. Siamo certi che gli stessi
ufficiali coinvolti e responsabili sapranno anticipare le schermaglie
giudiziarie e restituire credibilità alla Benemerita. Solo con
questo sentimento, possiamo continuare a guardare con rispetto ed
anche con la dovuta deferenza quegli uomini vestiti in nero con la
riga rossa sui pantaloni. Per il resto, per la Procura Generale
ampiamente coinvolta nei suoi rappresentanti apicali Dr. Vincenzo
Tufano, Dr. Gaetano Bonomi e Dr. Modestino Roca, lasciamo che la
giustizia faccia il suo corso. Sui loro sentimenti e sul loro senso
delle istituzioni viene da dubitare ma questo si chiarirà nelle sedi
opportune. Non si può trasformare una Procura Generale nel crocevia
delle azioni di delegittimazione degli stessi magistrati operanti nel
distretto giudiziario. Non si può ignorare il dovere di lealtà,
prima ancora di tutto il resto. Quella lealtà e quell’eroismo che
sin da piccolo ho veduto nella mirabile rappresentazione pittorica
presente in tante caserme dell’Arma dei Carabinieri con il titolo:
“La carica di Pastrengo”.
Bonomi ed i generali dei Carabinieri
b1) del delitto p. e p. dagli artt. 81
cpv., 110 e 323 cod. pen. perché, con più condotte esecutive di un
medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, Bonomi quale
Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte
d’Appello di Potenza, Cetola quale Generale Comandante
Interregionale dell’Arma dei Carabinieri, Garelli quale Generale
Comandante Regione Carabinieri Basilicata, Improta quale Colonnello
Capo di Stato Maggiore Regione Carabinieri Basilicata, Polignano
quale Tenente Colonnello Comandante Provinciale dell’Arma dei
Carabinieri di Potenza, tutti pubblici ufficiali, nello svolgimento
delle loro funzioni e, comunque, dei servizi a loro assegnati, il
Bonomi anche quale delegato a svolgere un’inchiesta amministrativa
per conto del Ministero della Giustizia (Ufficio presso il quale
aveva anche rispetto funzioni di Ispettore presso l’Ispettorato
Generale), omettendo di astenersi in quanto tutti interessati alle
vicende oggetto dell’inchiesta amministrativa (perché oggetto di
accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria)
arrecavano un danno ingiusto a magistrati (ed in particolare al
Procuratore della Repubblica di Potenza, dr. Galante) ed appartenenti
all’Arma dei Carabinieri svolgendo accertamenti indebiti anche nei
confronti di magistrati del distretto di Corte d’Appello di
Potenza.
c1) del delitto p. e p. dagli artt. 61
n. 2, 81 cpv., 110 e 336 cod. pen. perché. al fine di realizzare il
delitto indicato al capo b1), con più condotte esecutive di un
medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, con le qualità
sopra indicate, usavano minaccia nei confronti dei pubblici ufficiali
Antonio Angiulli, Capitano Comandante Compagnia Carabinieri di
Potenza e Salvatore Luciano, Tenente Comandante del Nucleo Operativo
e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Potenza - consistita nel
prospettare procedimenti disciplinari e trasferimenti d’ufficio poi
realizzatisi attraverso il trasferimento del primo ad Imperia e del
secondo sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione
della sanzione della consegna di rigore, per costringerli a
ritrattare le dichiarazioni da loro rilasciate al Procuratore della
Repubblica di Potenza dr. Giuseppe Galante che non consentivano di
realizzare il disegno criminoso perseguito dal Bonomi, in concorso
con gli alti Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. Ed in particolare
la vicenda - di cui all’imputazione dei due capi sopra indicati -
prende spunto da una relazione presentata dai vertici dell’Arma dei
Carabinieri della Basilicata, nella persona del Gen. Emanuele
Garelli, irritualmente indirizzata alla Procura Generale di Potenza -
nella persona del dr. Bonomi - nella quale vengono rappresentate
doglianze relative ai rapporti intercorrenti fra l’Arma dei
Carabinieri di Potenza e la Procura della Repubblica di Potenza, con
particolare riferimento ai magistrati dr. Galante (Procuratore Capo
della Repubblica) ed i Sostituti Procuratori della Repubblica dr.
Vincenzo Montemurro, dr. Henry John Woodcook, e dr.ssa Gloria
Piccininni, con un disegno criminoso finalizzato ad ostacolare le
inchieste dei predetti magistrati, determinare la rimozione del dr.
Galante dall’Ufficio di Procuratore della Repubblica attraverso la
sua sostituzione proprio con il dr. Bonomi, titolare dell’inchiesta
amministrativa, disegno criminoso che non raggiunge il suo obiettivo
finale solo in seguito al coinvolgimento del dr. Bonomi nell’indagine
della Procura della Repubblica di Catanzaro. Condotte che venivano
consumate attraverso l’interscambio fra i soggetti di informazioni,
documenti ed atti, alcuni dei quali tutelati dal segreto
investigativo e/o comunque dai doveri di riservatezza (quali atti di
procedimenti penali) indirizzati anche ad ottenere dichiarazioni di
pubblici ufficiali divergenti dalla realtà dei fatti. E’ di tutta
evidenza la pressione psicologica (idonea a coartare la libertà di
azione e autodeterminazione) da parte dei vertici dell’Arma sopra
indicati finalizzata a modificare le dichiarazioni rese durante il
procedimento presso la Procura della Repubblica di Potenza dagli
Ufficiali di Polizia Giudiziaria Angiulli e Luciano e raccolte dal
Procuratore Galante, le quali andavano in senso inverso - ed
evidentemente non gradito - a quanto affermato dal Generale Garelli
nella sua relazione.
di Claudio Galante
Dovrebbero essere in galera e, non trasferiti e messo tutto a tacere
RispondiEliminaBisogna dare l'esempio,essendo i reati commessi da alti Ufficiali, invece non ha pagato nessuno e alcuni sono ancora in servizio e predicano agli altri esempi di lealtà e fedeltà alle istituzioni.
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