giovedì 3 novembre 2011

Guai seri nella Procura Generale della Repubblica a Potenza


Negli atti di “Toghe Lucane”: Tufano, Bonomi, Cetola, Garelli, Improta, Polignano e le minacce ai Carabinieri

Nei capi d'imputazione ad un certo punto si leggono: b1 e c1 (si noti che abbiamo superato la zeta da un pezzo), sono una delle parti più sconvolgenti dell’indagine conclusa l’8 agosto 2008 dal Dr. Luigi De Magistris. Forse per la stima e l’onore sempre attribuiti all’Arma dei Carabinieri, certamente non scompaiono al primo illecito di suoi ufficiali ma necessariamente e doverosamente sarebbero da tutelare e recuperare con provvedimenti esemplari. Qui non si tratta di attendere le eventuali condanne, nemmeno di discettare di garantismo e verità processuale. Le azioni poste in essere, le minacce, la manipolazione della verità per raggiungere abbietti (ma quale manipolazione si potrebbe giustificare per fini nobili?) tutto documentato dalle intercettazioni telefoniche e dagli atti acquisiti, pongono il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri di fronte alla necessità di compiere scelte dolorose e coraggiose al tempo stesso. Non è questione di pareri, non è nemmeno questione disciplinare. Primariamente è una questione d’onore. Siamo certi che gli stessi ufficiali coinvolti e responsabili sapranno anticipare le schermaglie giudiziarie e restituire credibilità alla Benemerita. Solo con questo sentimento, possiamo continuare a guardare con rispetto ed anche con la dovuta deferenza quegli uomini vestiti in nero con la riga rossa sui pantaloni. Per il resto, per la Procura Generale ampiamente coinvolta nei suoi rappresentanti apicali Dr. Vincenzo Tufano, Dr. Gaetano Bonomi e Dr. Modestino Roca, lasciamo che la giustizia faccia il suo corso. Sui loro sentimenti e sul loro senso delle istituzioni viene da dubitare ma questo si chiarirà nelle sedi opportune. Non si può trasformare una Procura Generale nel crocevia delle azioni di delegittimazione degli stessi magistrati operanti nel distretto giudiziario. Non si può ignorare il dovere di lealtà, prima ancora di tutto il resto. Quella lealtà e quell’eroismo che sin da piccolo ho veduto nella mirabile rappresentazione pittorica presente in tante caserme dell’Arma dei Carabinieri con il titolo: “La carica di Pastrengo”.

Bonomi ed i generali dei Carabinieri

b1) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 110 e 323 cod. pen. perché, con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, Bonomi quale Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Potenza, Cetola quale Generale Comandante Interregionale dell’Arma dei Carabinieri, Garelli quale Generale Comandante Regione Carabinieri Basilicata, Improta quale Colonnello Capo di Stato Maggiore Regione Carabinieri Basilicata, Polignano quale Tenente Colonnello Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Potenza, tutti pubblici ufficiali, nello svolgimento delle loro funzioni e, comunque, dei servizi a loro assegnati, il Bonomi anche quale delegato a svolgere un’inchiesta amministrativa per conto del Ministero della Giustizia (Ufficio presso il quale aveva anche rispetto funzioni di Ispettore presso l’Ispettorato Generale), omettendo di astenersi in quanto tutti interessati alle vicende oggetto dell’inchiesta amministrativa (perché oggetto di accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria) arrecavano un danno ingiusto a magistrati (ed in particolare al Procuratore della Repubblica di Potenza, dr. Galante) ed appartenenti all’Arma dei Carabinieri svolgendo accertamenti indebiti anche nei confronti di magistrati del distretto di Corte d’Appello di Potenza.
c1) del delitto p. e p. dagli artt. 61 n. 2, 81 cpv., 110 e 336 cod. pen. perché. al fine di realizzare il delitto indicato al capo b1), con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, con le qualità sopra indicate, usavano minaccia nei confronti dei pubblici ufficiali Antonio Angiulli, Capitano Comandante Compagnia Carabinieri di Potenza e Salvatore Luciano, Tenente Comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Potenza - consistita nel prospettare procedimenti disciplinari e trasferimenti d’ufficio poi realizzatisi attraverso il trasferimento del primo ad Imperia e del secondo sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione della sanzione della consegna di rigore, per costringerli a ritrattare le dichiarazioni da loro rilasciate al Procuratore della Repubblica di Potenza dr. Giuseppe Galante che non consentivano di realizzare il disegno criminoso perseguito dal Bonomi, in concorso con gli alti Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. Ed in particolare la vicenda - di cui all’imputazione dei due capi sopra indicati - prende spunto da una relazione presentata dai vertici dell’Arma dei Carabinieri della Basilicata, nella persona del Gen. Emanuele Garelli, irritualmente indirizzata alla Procura Generale di Potenza - nella persona del dr. Bonomi - nella quale vengono rappresentate doglianze relative ai rapporti intercorrenti fra l’Arma dei Carabinieri di Potenza e la Procura della Repubblica di Potenza, con particolare riferimento ai magistrati dr. Galante (Procuratore Capo della Repubblica) ed i Sostituti Procuratori della Repubblica dr. Vincenzo Montemurro, dr. Henry John Woodcook, e dr.ssa Gloria Piccininni, con un disegno criminoso finalizzato ad ostacolare le inchieste dei predetti magistrati, determinare la rimozione del dr. Galante dall’Ufficio di Procuratore della Repubblica attraverso la sua sostituzione proprio con il dr. Bonomi, titolare dell’inchiesta amministrativa, disegno criminoso che non raggiunge il suo obiettivo finale solo in seguito al coinvolgimento del dr. Bonomi nell’indagine della Procura della Repubblica di Catanzaro. Condotte che venivano consumate attraverso l’interscambio fra i soggetti di informazioni, documenti ed atti, alcuni dei quali tutelati dal segreto investigativo e/o comunque dai doveri di riservatezza (quali atti di procedimenti penali) indirizzati anche ad ottenere dichiarazioni di pubblici ufficiali divergenti dalla realtà dei fatti. E’ di tutta evidenza la pressione psicologica (idonea a coartare la libertà di azione e autodeterminazione) da parte dei vertici dell’Arma sopra indicati finalizzata a modificare le dichiarazioni rese durante il procedimento presso la Procura della Repubblica di Potenza dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria Angiulli e Luciano e raccolte dal Procuratore Galante, le quali andavano in senso inverso - ed evidentemente non gradito - a quanto affermato dal Generale Garelli nella sua relazione.
di Claudio Galante

2 commenti:

  1. Dovrebbero essere in galera e, non trasferiti e messo tutto a tacere

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  2. Bisogna dare l'esempio,essendo i reati commessi da alti Ufficiali, invece non ha pagato nessuno e alcuni sono ancora in servizio e predicano agli altri esempi di lealtà e fedeltà alle istituzioni.

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