Tribunale di Perugia
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Il Giudice per le Indagini Preliminari,
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Va subito detto che in questa sede non può assumere diretto rilievo il provvedimento emesso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in data 19.1.2009 nei confronti, fra l’altro, del dott. Apicella, del dott. Verasani e della dott.ssa Nuzzi.
Non sfugge infatti che di per sé un rilievo disciplinare non postula affatto un sottostante illecito penale.
Appaiono invece significative le ordinanze emesse dal Tribunale di Salerno, investito ai sensi dell’art. 324 cpp delle istanze di riesame presentate avverso i provvedimenti che hanno dato luogo all’iscrizione della notitia criminis a carico dei magistrati qui indagati.
Tali ordinanze, peraltro commenti in special modo uno dei due provvedimenti, inquadrano il fumus delicti sottostante e spiegano le ragioni della pertinenza del materiale sequestrato.
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Sta di fatto che, impregiudicata ogni valutazione afferente ai profili disciplinari, gli elementi raccolti (documentazione, dichiarazioni degli indagati, relazioni da essi a suo tempo redatte su singoli punti) autorizzano le seguenti considerazioni:
i magistrati della Procura di Salerno, segnatamente i coassegnatari dott. Verasani e dott.ssa Nuzzi, se da un lato erano titolari di procedimenti iscritti a carico del dott. Luigi De Magistris, originati da denunce contro di lui presentate per atti e comportamenti tenuti quale P.M. titolare dei procedimenti denominati “Poseidon” e “Why not”, incardinati presso la Procura di Catanzaro, dall’altro avevano avviato un procedimento penale originato dalle denunce presentate questa volta dal dott. De Magistris contro coloro cui egli addebitava di aver ordito una sorta di complotto, volto a delegittimarlo e infine a privarlo della titolarità di quei procedimenti;
il dott. De Magistris era stato dunque sentito numerose volte e nel contempo dallo stesso erano stati acquisiti elementi, documentali e non, a supporto della tesi da lui sostenuta;
in particolare i magistrati della Procura di Salerno, appoggiati dal dott. Apicella, debitamente informato, avevano chiesto – con le modalità riportate nella richiesta di archiviazione (cfr anche la parte narrativa del provvedimento emesso in sede disciplinare) – alla Procura Generale di Catanzaro, competente a seguito di avocazione per il procedimento “Why not”, e alla Procura della Repubblica della stessa città, competente per il procedimento “Poseidone”, in relazione al quale era stata in precedenza revocata la delega al dott. De Magistris, l’invio degli atti di tali procedimenti, ciò allo scopo di ricostruire per intero il quadro nel quale si era mosso il De Magistris e il fondamento non solo delle accuse contro di lui ma soprattutto quello delle accuse che lo stesso De Magistris stava formulando anche a carico di eminenti magistrati dell’una e dell’altra Procura;
strada facendo la dott.ssa Nuzzi e il dott. Verasani avevano formulato una corposa richiesta di archiviazione (che sarebbe stata poi accolta con provvedimento del GIP di Salerno, relativa a plurimi procedimenti a carico del De Magistris e nel contempo avevano proseguito le indagini incentrate sulle tesi accusatorie rivenienti dal predetto;
essi avevano fra l’altro iscritto nel registro degli indagati il Procuratore della Repubblica f.f. di Catanzaro, un magistrato della Procura Generale di Catanzaro, cui era da ascriversi l’avocazione del procedimento “Why not”, e via via altri magistrati, compreso il Procuratore Generale di quella città, in pratica gli stessi che sulla base del sopra richiamato carteggio avevano manifestato perplessità di vario genere all’invio degli atti richiesti;
in tale quadro i magistrati della Procura di Salerno si erano convinti che le difficoltà frapposte non fossero giustificate, mentre la base indiziaria, suffragata dalle accuse rivenienti dal De Magistris, meritava di essere approfondita, emergendo fra l’altro che il dott. Pierpaolo Bruni, uno dei magistrati cui era stato assegnato il procedimento “Why not”, stava manifestando la propria contrarietà alle scelte dei colleghi, volte a smembrare e disarticolare l’indagine (di ciò si dà conto in alcune relazioni, acquisite agli atti, a firma del dott. Bruni);
in tal modo si era giunti a quella vera e propria “summa”, che è rappresentata dal duplice provvedimento del 26.11.2008, con il quale, per quanto qui interessa, era stato disposto il sequestro probatorio degli atti che componevano il procedimento “Why not”, giacente presso la Procura Generale di Catanzaro, ed erano state disposte perquisizioni nei confronti di vari magistrati, già iscritti nel registro degli indagati, che avevano avuto un qualche ruolo nella vicenda professionale del dott. De Magistris e nella gestione dei procedimenti che costoro avevano ereditato da lui.
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Ciò posto, sembra possibile affermare che i magistrati inquirenti salernitani abbiano agito non per arrecare intenzionalmente un danno ingiusto ma per realizzare un fine di giustizia, correlato all’andamento del procedimento in corso.
Si può certamente discutere sulle modalità più acconce per conseguire quell’obiettivo e si può altresì convenire che il fine non giustifica i mezzi: è però un fatto che a distanza di mesi dalla prima richiesta degli atti, quest’ultima non era stata almeno per buona parte soddisfatta, e che la disponibilità di quegli atti continuava, fondatamente o meno, ad essere ritenuta necessaria.
D’altro canto quelle prime richieste erano state formulate su basi normative plausibili, senza che fosse concretamente configurabile la volontà di impedire l’ulteriore svolgimento dell’attività di indagine catanzarese, e tuttavia avevano incontrato obiezioni di varia natura, essenzialmente incentrate sull’interpretazione dell’art. 117 cpp, più volte invocato dal Procuratore Generale di Catanzaro dott. Enzo Iannelli a giustificazione del proprio agire e a fondamento delle proprie doglianze.
La norma si presta invero a plurime sfumature interpretative: può solo dirsi con buona approssimazione che se da un lato non esiste un diritto soggettivo del richiedente, potendo essere la richiesta motivatamente respinta, dall’altro non sembra sufficiente invocare sic et simpliciter il segreto investigativo, in quanto è presupposta anche la deroga all’art. 329 cpp, dovendosi piuttosto opinare che il giudizio sulla pertinenza o meno del materiale richiesto competa all’autorità a quo e che a quella ad quem spetti di valutare primariamente il pregiudizio riveniente da quella parziale “discovery interna”.
In ogni caso conta in questa sede la circostanza che i magistrati salernitani si ritenessero insoddisfatti e che di conseguenza fossero ricorsi allo strumento del sequestro, sicuramente di maggiore impatto, ma ritenuto in quella fase il solo disponibile per ottenere quanto richiesto ed evidentemente, già da mesi, reputato necessario, tanto più in quel peculiare e per certi versi lacerante contesto, connotato dalla duplice veste di indagati e indaganti a quel punto rivestita da taluni magistrati di Catanzaro.
Va anche rilevato che, come si evince fra l’altro dalle dichiarazioni del cancelliere Rinaldi Cicalese Patrizia, allegata alle produzioni effettuate dall’indagata Nuzzi, era prevista la sollecita estrazione di copie, funzionale alla restituzione del compendio sequestrato.
Ciò avvalora l’assunto difensivo, peraltro non implausibile anche se non adeguatamente esplicitato nel provvedimento, in ordine alla necessità di effettuare una rapida, puntuale verifica dell’originale degli atti dei procedimenti più volte richiesti, anche per sondare ipotesi di falso ideologico in alcuni atti.
Non va poi sottaciuto che il voluminoso provvedimento consente in qualche modo di ricostruire una linea guida, a sostegno dell’ipotizzato fumus delicti, già asseverato, si badi, in sede di riesame dal Tribunale di Salerno.
Che poi alla base di tale fumus delicti vi fossero innanzi tutto le dichiarazioni del De Magistris, sentito numerose volte, nulla toglie al fatto che i magistrati salernitani avessero maturato un determinato convincimento e intendessero perseguire una linea di indagine, quand’anche voglia opinarsi che fosse mancato un adeguato vaglio critico: in buona sostanza non sembra possibile sostenere che tutto fosse stato fatto al solo scopo di favorire De Magistris o di convalidare surrettiziamente un’ipotesi di complotto che già si sapeva sprovvista di fondamento.
In tale ottica appare privo di decisivo rilievo anche il fatto che nel corso del tempo il De Magistris, come emerge dall’analisi dei relativi tabulati, avesse avuto plurimi colloqui telefonici con la dott.ssa Nuzzi, nel riferito quadro di contatti divenuti progressivamente informali, a seguito delle numerose convocazioni e delle numerose apparizioni in Procura del magistrato denunciante.
Ogni ulteriore valutazione, a margine di tali considerazioni, potrebbe semmai rilevare al di fuori della sede penale, ma non è idonea ad interferire con il giudizio riguardante gli elementi costitutivi dell’ipotizzata fattispecie dell’abuso di ufficio.
In altre parole deve ritenersi mancante l’intenzionale volontà di arrecare un danno ingiusto, che costituisce requisito indispensabile per la configurabilità di detto reato.
Ciò vale ovviamente per il dott. Apicella, per la dott.ssa Nuzzi e per il dott. Versani, nonché per il ritenuto ispiratore dott. De Magistris, giacchè tutti gli altri indagati non possono dirsi sfiorati neppure da elementi di sospetto, essendosi limitati a partecipare alla fase esecutiva di provvedimenti adottati dagli altri tre magistrati.
E’ appena il caso di rimarcare che il dott. De Magistris non potrebbe essere da solo chiamato a rispondere della fattispecie in assenza della consapevole compartecipazione al reato di taluno degli intranei sopra indicati, eventualmente agenti in concorso con lui.
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Analoghe considerazioni valgono su un piano generale per le disposte perquisizioni.
A fronte delle doglianze sul punto specificamente formulate dal dott. Salvatore Curcio, relative agli asseriti eccessi di cui sarebbe stato vittima, è d’uopo osservare che la fase esecutiva non risulta ascrivibile in questo caso né al dott. Apicella né al dott. Verasani o alla dott. Nuzzi, bensì al dott. Centore, che peraltro si limitò ad assistere all’incombente senza assumere un ruolo attivo.
Va aggiunto che dal verbale di perquisizione e dall’annotazione poi redatta in data 4.12.2008 dal Sostituto Commissario Mazzeo non si evincono elementi tali da suffragare le accuse, risultando piuttosto come fosse stato compiuto ogni sforzo per rendere meno traumatico possibile lo svolgimento dell’incombente in un contesto di comprensibile disagio.
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Con riguardo infine al delitto di interruzione di un pubblico servizio, se in via di fatto non può negarsi una fase di stallo nello svolgimento dell’attività di indagine relativa al procedimento di cui erano stati sequestrati gli atti, è d’uopo nondimeno rilevare che la mancanza dell’intenzionalità richiesta per l’abuso di ufficio vale ad escludere altresì la stessa possibilità di ravvisare gli estremi costitutivi del delitto di cui all’art. 340 cp, essendo incompatibile il perseguimento di un fine di giustizia, che per un pubblico ministero costituisce innanzitutto un dovere d’ufficio, con la consapevole volontà di agire per turbare un pubblico servizio afferente alla medesima attività giudiziaria.
Né a tal fine potrebbero dirsi decisivi i rilievi contenuti nel provvedimento disciplinare, riguardanti l’asserita valenza almeno parzialmente preventive dunque indebita del disposto sequestro, giacché in realtà si tratta di una conseguenza di fatto di un provvedimento avente altra natura, ricollegabile alle motivazioni di cui s’è detto è comunque ispirato dall’esigenza di ottemperare ad una nemmeno supposto dovere d’ufficio.
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Non induce a diverse valutazioni il contenuto dell’esposto presentato contro i medesimi magistrati salernitani dal dott. Felice Maria Filocamo, che fa leva sui contenuti del provvedimento disciplinare, peraltro non rilevante al di fuori della sua sfera e del suo oggetto, che non coincide con i temi su cui potrebbe fondarsi alcuna delle accuse ipotizzate in questa sede.
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In conclusione la richiesta di archiviazione deve essere accolta.
P.Q.M.
Dispone l’archiviazione del procedimento a carico di magistrati indicati in epigrafe.
Ordine restituirsi gli atti al PM.
Dispone darsi comunicazione al Consiglio Superiore della Magistratura.
Perugia, 9.9.2009
Il Giudice per le Indagini Preliminari
dott. Massimo Ricciarelli
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